Saputo può trattenere Thiago Motta a Bologna. Se gli dà una squadra "Europea" il mister resta
Nel nuovo Director's Cut, attenzione sul Bologna di Thiago Motta che ha imbeccato l'anno buono. Il tecnico può restare ma tutto dipende da Saputo
Se c'è una persona di cui mi fido ciecamente sul Bologna, questo è mio nipote Francesco, il quale, dopo una lunga assenza dal Dall'Ara - motivazioni plurime: lavoro, atteggiamento della tifoseria con cui non era sempre in linea, rendimento troppo modesto di squadra e club, e altro -, si è regalato una tribuna gold (100 eurini) in occasione del match con l'Atalanta e ha visto la gara da un osservatorio privilegiato, tre file sopra Thiago Motta.
Il suo racconto, reso possibile da una posizione invidiabile, è stato fitto di dettagli tattici: 3-2-4-1 di chiara derivazione guardioliana in possesso, con Posch centrale – nasce lì – e Calafiori mediano (esperimento già avvenuto l'anno scorso con Cambiaso), e 4-2-3-1 di fronte all'attacco degli altri, quando il ragazzo romano (uno dei leader, come indicato da Motta in conferenza stampa) scendeva per dare maggiore protezione. Sei giocatori a centrocampo, tra di loro fungibili, con gli esterni larghi a dare ampiezza al campo, per costruire una ragnatela atta a "nascondere" pallone e trame. Sei che diventano 7 quando il rapper olandese diventato la nostra stella si abbassa a dipingere come fosse Raffaello Sanzio. Basterebbe questo, e una somma di valori individuali dei giocatori rossoblù da nono posto (due quinti del valore del Napoli che sta sotto !), per individuare e determinare l'incommensurabile apporto dato dal mister e dal suo staff (cosa che dall'interno di Casteldebole, dagli "operai", mi fu fatta presente subito) agli attuali successi bolognisti. Fa un po' sorridere, da parte dei tuttora esistenti anti-Mottiani presenti in forze tra pubblico e critica - quelli che considerano Utrecht e il suo sfogo sul non mercato come una specie di fatto scismatico anti-tortellini, una sorta di Martin Lutero portoghese che osa mettere in dubbio la purezza dei vertici del club e dei loro supporter -, ricamare sulla superiorità dell'apporto di Sartori. Detto che è una graduatoria priva di senso - i due lavorano insieme, strettamente, per quanto si amino il giusto: normali, credo, dissensi lavorativi, amplificati dalle non risposte in proposito del mister nella ultima conferenza stampa -, Posch e Ferguson, prima di Thiago, non vedevano il campo (situazione dell'epoca nota a tutti, l'allenatore era alla fine, ahimè). Non due che sono passati per caso dalla pelouse dell'ex Littoriale. E non due acquisti banali di Sartori, che resta un super. Evidentemente molto più accorto, nei rapporti interpersonali, dei due "carriarmati" Corvino e Sabatini, presto scaricati dai piani alti. Sartori, per dire, non risulta particolarmente interessato al settore giovanile (a proposito! Ravaglia, Corazza, Raimondo a Terni: magari, si fosse investito di più…), e questo è considerato una atout del dirigente lodigiano: perché quello è territorio di altri. Corvino non se ne fece una ragione – i giovani sono la sua cifra di vita professionale -, su Sabatini, invece, credo abbia pesato il ruolo di coordinatore “intercontinentale” che lui non riusciva a reggere.
La Bolognamania dilagante
Proprio ora che si sta tutti - finalmente ! – più stretti – la Bolognamania dilaga e coinvolge gente che fino a pochi mesi fa era disinteressata all’idea di andare allo stadio -, mi viene da sorridere a pensare quando si diceva che i “maigoduti” dovevano farsi da parte “così staremo più larghi”. Una autentica e solenne idiozia, la negazione del presupposto della vita – oltre che dello sport – ovvero migliorarsi, competere, puntare in alto, abbandonare le miserie agonistiche che, vero, non sono certo incominciate con Saputo ma hanno proseguito indisturbate nei primi 8 anni; Falletti, Falcinelli e Fallibilità (professionale) erano i tratti distintivi (con tutto il rispetto per due ragazzi da bassa B a cui veniva chiesta qualità da media A. Venivamo un poco presi anche per imbecilli, e questo, sinceramente, seccava un filo).
Joey Saputo, dicevamo. Uscito inevitabilmente vincitore dal duello impari con il magniloquente e poco possidente Joe Tacopina (ho riletto recentemente esilaranti messaggi privati di tifosi dissenzienti verso di me che mi richiamavano alle “dichiarazioni rassicuranti dei due sul prosieguo della diarchia”, infatti si è visto), ci ha messo tanto a convincere sé stesso. Secondo me in cuor suo sapeva perfettamente che lo sport professionistico si fa per vincere, non per partecipare, e che – in proposito – avere i soldi aiuta abbastanza. Negli ultimi mesi, detta alla petroniana, “l’ha livé la crèsta” – è un complimento, si badi bene - e ha preso finalmente possesso …di un suo bene! A questo punto, gigantesca capriola di tutti i saputiani, i quali, dopo avere per quasi due lustri sostenuto il contrario, si sperticano in pubblici elogi su un presidente “presente” i cui benefici effetti si riverberano sui ragazzi. Toh, c’era chi lo sosteneva anche prima ed era trattato come un solfanaio. “Ma in epoca digitale, che differenza vuoi che ci sia tra vedersi via web e di persona”? Semplicemente, tutta la differenza del mondo. Siamo quarti anche per quello. E notare che una persona, importante, cambia in positivo, è una grande gioia, sul serio. Anzi, un grande Joey (versetto di Jesus Christ Superstar: at last, all too well. Exactly!). E poi può essere che a giugno cambino altre cose. Vedremo. La cosa importante è che il “timbro” saputiano si avverta sempre e che tutto il contorno perda importanza, giacché erano gli stessi che smorzavano entusiasmi e afflosciavano ambizioni.
Il futuro di Motta e la sua possibile permanenza a Bologna
La permanenza di Thiago? Ca va sans dir, dipende da Saputo. Come ha detto Alessandro Canovi, papà (qui è tutta una questione di parentele…) del procuratore di Motta, il presidente ha i mezzi, se vuole, per puntare stabilmente a stare in zona Champions. Se il mister riceverà garanzie in proposito, bene, è possibile che resti. Se non gli saranno fornite, andrà, e toccherà a Sartori fare un altro miracolo.
Un consiglio a tanti, se mi è permesso. Capisco che venga naturale, per certi aspetti, dire “oddio, Ravaglia !”, ma affermarlo con tanta sicumera in epoca in cui nemmeno col binocolo vedi gli allenamenti, beh, è veramente un esercizio inutile. Ci saranno altre “magate” del nostro uomo. Tante andranno bene, qualcuna potrà pure essere un azzardo. Ma lui è fatto così, rassegnatevi. Vi ricordate i bei tempi dell’esclusione di Arnautovic, quando 300 messaggi radiofonici al giorno gli davano dello stupido prevenuto? “Esoneratelo !”, eh, appunto. “Ricoverateli”, mi verrebbe da rispondere.
Era tanto che non scrivevo, e non voglio mi prenda la bulimia. Dico solo che se in 17 giornate di campionato, costellate da solidità, tratti di gioco entusiasmante, fortuna, sfighe arbitrali, affetto del pubblico, autostima, lunedì passati con il sorriso (era bello, prima, quando tutti erano impiombati: dimondi, onna blazza da mat…), si sono fatti 31 punti (1,82 a gara, proiezione 69 punti, Champions. Occhio: ho detto proiezione….), è difficile pensare che si facciano decisi passi indietro. Ralenti, forse. Temporanei, chiaro. Magari prendere una punta (“ancoura, onna ponta?”, ancoura, see, aj vol…) aiuterebbe questo Bologna. E in ogni caso è da settembre 2022 che pedaliamo in un certo modo. Non vinceremo il Tour, o la Coppa Davis, ma il Giro di Lombardia, o il Foro Italico, magari, li portiamo a casa.