La verità di Zaniolo: "Io trattato da mostro. Polizia a Coverciano? Un incubo. Ora dico tutto"
L'ex attaccante della Roma si è raccontato in esclusiva alla Gazzetta dello Sport rivelando tutta la verità sul suo presunto coinvolgimento nel caso calcioscommesse
Nell'edizione odierna de La Gazzetta dello Sport, Nicolò Zaniolo ha rilasciato una lunga intervista raccontando tutta la sua verità: dal suo presunto coinvolgimento nel caso calcioscommesse al suo trasferimento all'Aston Villa, passando per l'addio alla Roma e il rapporto con Luciano Spalletti in Nazionale. Ecco l'intervista integrale rilasciata alla Rosea.
Zaniolo, adesso che grazie alla oblazione tutto può dirsi terminato, come si sente?
“Meglio naturalmente, ma avevo già cominciato a sentirmi così dopo l’incontro con la procuratrice, quando è stata accertata la verità di quello che dicevo”.
Per lei l’ammenda è irrisoria.
“È vero, ma ho deciso di devolvere in beneficenza una somma all’ospedale Gaslini. Io sono di La Spezia e conosco bene quella struttura. Se la sfortuna mi avesse preso di mira, uno di quei bambini sarei potuto essere io”.
Come ha vissuto l’inchiesta della Procura di Torino?
“Anche se poi tutto è andato bene, non è stata una cosa bella, ma non posso dire nulla sulle indagini, lo sa. La cosa importante è che sia finita, però è brutto essere tirati in mezzo a una storia del genere senza avere fatto niente di grave. Ha presente come posso aver vissuto l’arrivo della polizia a Coverciano? Un incubo”.
Ha avuto paura?
“No, perché sapevo quello che avevo fatto. O meglio, che non avevo fatto”.
Andiamo al sodo: perché gente fortunata come voi gioca o addirittura scommette?
“Chiariamo: io ho giocato su cose da casinò, ma non ho mai scommesso. Comunque ho sbagliato lo stesso, non posso negarlo, ma non sapevo fosse una piattaforma illegale”.
Diamolo per buono, però ammetterà che non diate una bella immagine, soprattutto in tempi di ludopatia diffusa.
“Può essere vero, ma io rispondo solo per me stesso. E allora le dico che la nostra è una vita... come dire... a doppio taglio. Lo so abbiamo i soldi, possiamo per- metterci cose a cui la maggior parte delle persone non può arrivare, però spesso siamo costretti a stare da soli”.
In che senso?
“Crede che non sappiamo che tante persone che ci si avvicinano lo fanno solo perché siamo famosi? Non solo. Se andiamo in un ristorante o in un locale abbiamo tutti gli occhi addosso. Magari c’è gente che sta lì a farci dei video coi cellulari. Così se facciamo o diciamo una stupidaggine, in pochi secondi lo sa tutto il mondo. E allora magari non usciamo. Ce ne stiamo a casa col tablet o col cellulare, e per passare il tempo capita di giocae. Tutto qui. Non sarà intelligen- tissimo, ma è la verità”.
Sembra che a volte abbiate bisogno di persone facili da definire parassiti. Nelle vostre chat c’è gente che vi spilla piccole somme a getto continuo, che vi fa truffe su cose da acquistare.
“Non sono tutti così, però”.
Va bene, ma imparare a pagare una bolletta o semplicemente ad acquistare oggetti da soli potrebbe farvi crescere.
“Magari qui in Inghilterra è più facile, ma le assicuro che in Italia a volte, se sei famoso, è difficile uscire di casa. Io però sono più fortunato di altri”.
Perché?
“Ho una famiglia bellissima che mi è sempre vicino. Lo è stata e lo sarà sempre. Poi ci sono il mio manager e il suo staff. Persino con i miei legali, Antonio Conte e Gianluca Tognozzi, abbiamo un rapporto - come posso definirlo? - diverso rispetto a quello di un semplice cliente. So che tutti loro ci saranno sempre, soprattutto dopo tutte le cattiverie che hanno dovuto leggere e ascoltare in queste settimane. Case, pennette, relazioni... che schifo”.
L’impressione è che voi calciatori vi annoiate tanto.
“A volte capita. Per questo ci succede di far avvicinare persone che poi si dimostrano sbagliate. Tanti di noi sono usciti di casa quando erano poco più di un bambino... So di compagni che piangevano, da piccoli, quando si ritrovavano in club lontani da casa, senza avere vicino il papà o la mamma”.
È una storia strappalacrime per assolvervi?
“Ma no, perché? Noi siamo dei fortunati, ma quello che abbiamo avuto ce lo siamo anche meritato. Guardi che non tutti giocano in Serie A. Le nostre carriere sono brevi e magari un infortunio può compromettere tutto. È capitato a tanti”.
Torniamo alle scommesse, tanti anni fa Buffon si difese così: “Chi fa la nostra vita ha bisogno di trasgressione”. Succede anche alla vostra generazione?
“Mah... possibile. Ma come le dicevo, trasgredire per noi diventa difficile. Ci guardano tutti”.
Tranne quando siete a casa con il cellulare in mano.
“Tranne quando siamo a casa con il cellulare in mano”.
Il suo club, l’Aston Villa, e i suoi compagni, che cosa le dicevano in quel periodo?
"Di allenarmi bene, per fare una grande stagione".
Ma lei ha imparato la lezione?
“Secondo lei?”.
Ora che andate spediti, mirate a vincere la Premier League?
“Magari. Sarebbe un sogno in stile Leicester. Anche andare in Champions sarebbe un trionfo. City, Arsenal o Liverpool sono più forti, ma tutto è possibile”.
Giocare in Premier è una vetrina anche per l’azzurro. Sia sincero: l’hanno ferita i fischi dell’Olimpico con la Nazionale?
“Dico la verità: un po’ me li aspettavo”.
Effetti collaterali di un grande amore finito male?
“Quello con la Roma è stato un amore gigantesco, anche se finito male. Andare via è stata dura. A parte gli episodi degli ultimi giorni, tutti con me sono stati fantastici, così come lo è stato Mourinho. Rimpianti? Alla mia età non ha senso. Ho vissuto cose belle e cose brutte, ho fatto cose giuste e cose sbagliate, ma Roma è anche la città di mio figlio Tommaso. Solo per questo, sarà sempre un luogo speciale”.
Lo è anche la Nazionale?
“Il posto più bello per un calciatore, e sono grato a Spalletti per avermi tenuto nel gruppo. Ora tocca a me ripagarlo. Con lui ho un rapporto splendido. Meglio non farlo arrabbiare. Perciò stavolta al Mondiale dobbiamo andarci per forza”.