Paolo Bertolucci ha rilasciato alcune dichiarazioni ai microfoni de La Stampa soffermandosi tra le altre cose sul suo rapporto con Adriano Panatta:

"Ci conoscemmo ad un torneo giovanile a Cesenatico, e mi è stato subito sull’anima. Sa: il pariolino che arriva dal grande circolo, con maestro e clan al seguito. Aveva 12 anni e già si parlava di lui, io 11 e venivo da Forte dei Marmi, uno sconosciuto accompagnato da mia zia perché i miei dovevano lavorare. Poi mi batté anche. Non è stato amore a prima vista. Era un rompic***ione terribile. Sbagliava lui ed era colpa mia. Le facce, le occhiate come per dire: 'guarda con chi mi tocca giocare'. La verità è che io sono riuscito a vincere in doppio nonostante la palla al piede di Panatta".

Bertolucci però, riconosce anche i pregi di Panatta e racconta:

"Se hai bisogno, lui c’è. Ho avuto momenti difficili nella vita, a modo suo mi è sempre stato vicino. Gli invidio la sicurezza. Ne “La Squadra” si racconta di quando perdemmo in doppio con l’Inghilterra perché lui voleva “dare una lezione” a David Lloyd. Roba da vaffan***o negli spogliatoi. Al suo posto avrei tenuto lo sguardo basso, Adriano invece fece uno dei suoi sorrisi: «tranquilli, domani batto Taylor». Poteva sembrare presunzione, ma in quel momento capii che avevamo già vinto".

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