Ivan Zazzaroni dalle pagine de Il Corriere dello Sport ha parlato del ko del Bologna di Italiano contro il Liverpool, match valido per la seconda giornata di Champions League.

Ecco le parole del giornalista:

“Chi non è di Bologna non può comprendere il valore storico-emotivo di questa partita e della prestazione. Chi lo è non ha capito perché abbia preferito il total black al bianco con le strisce diagonali rossa e blu della migliore tradizione, i segni distintivi da esibire a Anfield”

Chi è di Bologna ha però provato l’orgoglio dell’appartenenza dopo i primi minuti di pura sofferenza e prevedibile inferiorità: tra il quindicesimo e la fine del primo tempo, sotto di un gol, la squadra di Italiano ha infatti riguadagnato fiducia e tono giocando alla pari con i leader della Premier e colpendo una traversa e un palo.

Liverpool-Bologna: il ko dei rossoblu di Italiano

Zazzaroni continua sul match perso del Bologna in Champions League 

"Chi è di Bologna ha temuto per giorni l’imbarcata, la sconfitta da pallottoliere. Che non si è verificata, non c’è stata. Per merito di Skorupski e Lucumi, di Moro e Freuler, di Ndoye, che perde più palloni di quelli che recupera, e Orsolini che non ha ancora ritrovato la brillantezza dei giorni migliori. Per merito di un cuore grande così che ha pompato energia da Premier.

C’era Cesare Cremonini e c’era Morandi a Anfield, c’era la Bologna che canta e per noi conta di più: Gianni ha promesso che non si perderà una sola trasferta di SuperChampions e allora mi viene naturale ricorrere ad alcuni titoli delle sue canzoni per descrivere - per emozioni contrastanti - la sfida più importante degli ultimi 60 anni: dall’iniziale Chimera alla fiduciosa Andavo a cento all’ora, da Chissà cosa farà a Non son degno di te, da Una vita che ti sogno a Ma chi se ne importa".

Vincenzo Italiano
Vincenzo Italiano (ph. Image Sport)

Bologna, senti Zazzaroni sul ko ad Anfield

 "E comunque non Si può dare di più. Il Bologna nell’Europa più nobile. Quante volte in questi anni ho ripensato a quel lunedì di maggio del ‘68, era il 27, partita di ritorno della Coppa delle Fiere contro il Ferencvaros, la mia prima allo stadio, l’unica in compagnia di mio padre e mio fratello: Curva San Luca - mi ha corretto il secondo - e io che invece mi ero visto nell’Andrea Costa".

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