A Parma è avvenuta la conversione di Donadoni alla difesa a quattro anche se a tre subisce meno gol e sconfitte. Da Astori a Lucarelli ha sempre avuto bisogno di un leader

- di Marco Vigarani -

Nelle ultime settimane Roberto Donadoni ha sovvertito i pronostici dei tanti critici che lo accusano ormai da oltre un anno di immobilismo e che ora, alla luce dei recenti risultati, hanno variato il capo d'imputazione in eccesso di sperimentalismo. Dall'integralismo della difesa a quattro si è passati ad una linea a tre uomini che finora ha portato una vittoria ed una sconfitta (ingiudicabile la gara di Ferrara giocata in inferiorità numerica dal 10'). Con oltre 60 milioni di allenatori, l'Italia è un Paese meraviglioso quanto complesso in cui chiunque si sente in diritto di esprimere un giudizio tecnico-tattico dal campo di periferia al postpartita della Nazionale. Proviamo però ad superare i discorsi da bar per analizzare la carriera dell'attuale tecnico rossoblù cercando di capire se esiste una preferenza per un modulo specifico, quali caratteristiche lo spingono verso una scelta e quali risultati ha ottenuto. Per comodità consideriamo soltanto la carriera di Donadoni in Serie A e quindi il lavoro svolto a Livorno, Napoli, Cagliari, Parma ed ovviamente Bologna.Indubbiamente le prime esperienze del tecnico bergamasco sono legate alla difesa dispari con tre centrali e due esterni con compiti prevalentemente di copertura: costruisce così le sue fortune a Livorno per due anni che portano 16 vittorie, 13 pareggi e 12 sconfitte. Subentrato nel 2005 e poi dimissionario nel 2006, Donadoni in Toscana poteva contare su difensori solidi come Lucarelli, Galante, Grandoni, Vargas e Pfertzel in grado di coprire bene la zona centrale ma anche di allargarsi senza problemi ad operare sulla fascia. Convinto del buon lavoro fatto, il tecnico confermò in seguito le proprie scelte anche a Napoli nelle due brevi parentesi del 2009 ottenendo però risultati insoddisfacenti ed aprendosi così a nuove opzioni. Ecco quindi che a Cagliari, subentrato in corsa, Donadoni prese la strada della difesa a quattro per ben 25 gare su 26 dirette: mancavano gli uomini per lavorare sulla linea a tre ed allora si affidò praticamente sempre alla coppia Astori-Canini.Si giunge così al periodo di Parma durante il quale si ripropone il medesimo schema: si parte da una base di linea difensiva dispari per poi adeguarsi nel corso dei quattro anni alle caratteristiche della rosa. Nella stagione 2011/12 i gialloblù difendono sempre a tre ancora una volta grazie all'apporto di atleti esperti e carismatici come Paletta, Zaccardo e Lucarelli (ritrovato dopo Livorno) ma anche di esterni affidabili in fase di non possesso come Modesto e Gobbi. L'anno dopo permane una preferenza per la difesa a tre pur iniziando a lavorare su un reparto a quattro che possa modificarsi anche nel corso della gara stessa garantendo una buona affidabilità (16 gol subiti in 15 partite). Nel 2013/14 si completa la trasformazione e i risultati danno ragione a Donadoni che ottiene 15 vittorie, 13 pareggi e 10 sconfitte incassando in media appena 1,2 gol a partita e chiudendo al sesto posto in classifica. Incommentabile infine il quarto anno a Parma in cui il campo diventa l'ultimo dei problemi di una società agonizzante che costringe il tecnico a schierare spesso calciatori inadeguati.Infine eccoci giunti a Bologna con la stabilizzazione della scelta di una difesa a quattro per ben 87 gare su 94 finora dirette. Donadoni si affida da subito all'esperienza di centrali come Maietta e Gastaldello ma anche all'apporto significativo di Rossettini come terzino destro che però viene ceduto dopo la prima stagione. Privato di un uomo affidabile, il tecnico evidentemente non si fida abbastanza dei suoi terzini per affidare loro il compito di coprire tutto il campo nel 3-5-2 ed insiste con la linea a quattro senza però ottenere i risultati sperati: dal secondo anno le sconfitte superano le vittorie e la media dei gol subiti sale oltre 1,5 a partita. Nelle ultime due sessioni di mercato poi lasciano Casteldebole prima Gastaldello e poi Maietta per far spazio a ragazzi come De Maio e Gonzalez che hanno sicuramente meno esperienza e leadership dei predecessori ma che soprattutto sono più adatti alla difesa a tre. Eppure manca un leader che guidi il reparto e così nasce anche la confusione tattica che porta prima a cambiare freneticamente le coppie e poi a cercare la nuova strada applicata in queste settimane. I numeri della carriera in A di Donadoni complessivamente parlano di una preferenza per la difesa a quattro (174 gare contro 142) ma di un rendimento migliore con quella a tre: meno sconfitte (38% contro 42,5%) e meno gol subiti (1,37 a partita contro 1,42). Quello che le statistiche non dicono però è che, a prescindere dal modulo, i risultati migliori sono sempre arrivati grazie all'impiego di uomini esperti e dotati di leadership: da Lucarelli a Paletta passando per Astori. Nel Bologna versione 2017/18 invece si è scelto di privarsi di entrambi i veterani: tanto basterebbe per spostare il mirino della critica dalla panchina alla scrivania.
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