Social-identity e scarso senso di responsabilità. L'analisi del caso Icardi
Più nero che azzurro. Si potrebbe definire in tal modo lo stato mentale di Mauro Icardi, l’attaccante in grado di portare in alto l’Inter grazie al pregevole fiuto del gol e, poco più tardi, di “vendere” lo stemma del club milanese alle prime pagine dei giornali di tutta Europa grazie all’aiuto del proprio procuratore. Già, perché mai come ora la storia d’amore tra il giocatore argentino e il Biscione sembra inversamente proporzionale a quella tra lo stesso Maurito e la moglie-agente Wanda Nara, accusata, quest’ultima, di un modus operandi nettamente contrastante a quello di chi pone al primo posto il bene della terza società italiana più vincente di sempre. La conseguenza? La decisione della dirigenza interista di affidare la fascia di capitano della squadra a Samir Handanovic a poche ore dal calcio di inizio di Rapid Vienna-Inter, sedicesimo di finale d’andata di Europa League. Per capire bene le ragioni della dibattuta disposizione del club di Suning è doveroso fare un rewind temporale e analizzare gli errori commessi da Icardi e dal suo agente durante la stagione in corso, a partire dal viaggio a Madrid del numero 9 nel mese di dicembre in occasione del Superclasico tra Boca e River a due giorni dalla delicata gara di Champions tra Inter e Psv. Si passa, quindi, al cambio di protagonista nel thriller che scoppierà di lì a poco tra l’attaccante e il club nerazzurro: dalla settimana successiva, infatti, è Wanda ad appendere la propria "voce" al sottile e ambiguo filo dei social, dando vita al capitolo “Rinnovo” con società e sponsor tecnico e condendo le pietre scagliate a mano nascosta con dichiarazioni top secret, come quelle di un interesse estivo della Juventus per Icardi e della decisione dell’Inter di non lasciar partire il proprio tesserato direzione Torino. I tumulti non cessano neanche nel 2019: l’attaccante a gennaio viene punito dal club con una pesante multa da 100 mila euro dopo il rientro dalle vacanze posticipato di un giorno rispetto ai compagni di squadra, episodio negato pubblicamente da Wanda e confermato, invece, dalla dirigenza; da quel momento in poi, inoltre, saranno sette le gare disputate da Icardi senza andare a segno in campionato. E allora ecco che l’“incontro conoscitivo” tra Marotta e la moglie-agente del 9 di Rosario diviene il preludio delle numerose polemiche della stessa sui social e in tv. La showgirl argentina, infatti, a più riprese, rende accessibili a chiunque alcuni temi scottanti di casa Inter, quali la situazione di Perisic e la qualità dell’attuale rosa nerazzurra. Pesanti sono le parole sul croato, tormentato dalla voglia di cambiare aria nel corso dell’intero mercato di gennaio: “Forse vuole andare via a causa di problemi personali”. Ancor più indigeste sono le frasi rivolte da Wanda a società e compagni di Icardi: “Mauro è poco tutelato, non so se le cattiverie uscite su di lui arrivino dalla squadra o meno. Al rinnovo preferirei l’acquisto di uno che gli metta cinque palle migliori in più in campo”.
Il club di Steven Zhang desiste, pertanto, dall’esitare e decreta, assieme a Luciano Spalletti, la soluzione più giusta per il bene della squadra, nonché quella più drastica per Mauro Icardi: il ritiro della fascia di capitano dal braccio dell’argentino a favore della nuova guida etica della rosa, Samir Handanovic. Una decisione forte volta a far capire una volta per tutte al numero 9 e al suo agente che, in una società come l’Inter, non si può e non si deve fare di testa propria, né compromettere direttamente o indirettamente l’unione e la solidità del gruppo, il quale, in ordine di importanza, viene certamente prima di ciascun singolo giocatore. Mettendo a fuoco quanto suddetto, non possono non risultare evidenti i difetti di Icardi e Wanda: se il primo cova nel silenzio più assordante una rabbia che, prima ancora dell’infortunio al ginocchio da egli stesso segnalato in seguito alla perdita della fascia, lo tiene lontano dal lavoro col gruppo, la seconda dà l’impressione di non metterci mai la faccia quando occorre. Mostrare la propria forza dietro un monitor, esternare quanto succede in uno spogliatoio, nascondersi dietro mezze verità attraverso un tweet o qualsiasi social media sono comportamenti lontanamente adducibili ad una persona adulta in primis e all'agente di un calciatore del calibro di Icardi in secundis. In una storia d’amore non servono le lacrime - come quelle uscite dagli occhi di Wanda domenica scorsa durante la trasmissione Tiki Taka - se, dopo appena due giorni, si è disposti a tornare sui propri mezzi passi falsi twittando “Senza Icardi l’Inter rischierebbe la Serie B”. Il matrimonio con un club, infatti, non si fa tra due, bensì tra più persone e non può essere retto in piedi dalla continua e ciclica voglia di adeguamenti economici di pesante entità se poi argomenti top secret come il contratto, le qualità di una rosa e quelle di una dirigenza vengono resi accessibili a chiunque. Mettere in imbarazzo compagni, club e tifosi non è giusto, né lecito. Tenere a bada il proprio agente, partner o amico che sia, è, invece, doveroso e Mauro Icardi continua a dimostrare di non saper anteporre il “noi lavorativo” al “noi familiare”. Essere un tesserato di una società e capitano di un gruppo implica il fatto di avere dei valori che prescindono da qualsiasi mondo social e interattivo: se non si sanno gestire le pressioni e le persone attorno a sé evidentemente non si è adulti e, pertanto, non si è pronti ad assimere le proprie responsabilità in alcun ambito della vita reale, fatta di successi, delusioni e dell’amore per il lavoro svolto quotidianamente da non confondere con quello per la propria famiglia. Prendere decisioni, farsi capire, scagliare pietre attraverso i social e nascondere la mano e la faccia non possono essere modi di agire adeguati ad una persona matura, né tantomeno ad un professionista, figuriamoci ad un capitano di un team e, di conseguenza, di un club come quello nerazzurro.