La malattia porta via Sinisa, da sano - forse - avrebbe cambiato il nostro passo lento
Torna il Director’s Cut nel ricordo di Sinisa Mihajlovic e della sua seconda esperienza a Bologna, ultima della sua vita
Non lo conoscevo. E' una premessa importante perché, quando se ne andrà Maifredi o Ulivieri, potrò parlare di grigliate o di lezioni a Coverciano (nelle prime mangiavo con Gigi, e nelle seconde facevo da spalla a Renzo). In questo caso, nulla di comune, mai incrociato, mai invitato (io a lui, lui a me: parto da antistorici concetti di "parità" di rapporti: un tempo esisteva, oggi nessuno la invoca, non interessa più, il mondo è atomizzato, la gente è sparsa), gli ho scritto un whatsapp a cui non ha mai risposto. Mihajlovic, lo dico perché svolgo un lavoro, ha fatto parte di un calcio elitario, pieno di soldi, refrattario al confronto, respingitore di amicizie o di conoscenze. Un calcio che qui è incominciato con Guidolin (avvisaglie pesanti in epoca Scoglio, per dire, che con i colleghi under non parlava) perché quello di prima era morto con Ulivieri.
Ci sfiorammo, molto indirettamente, il giorno dell'annuncio della malattia, 13 luglio 2019. Sussurratami nell'orecchio la notizia catastrofica, mi ero confrontato con un capo della curva, "pensionato" come me. Lo ignorava, almeno così mi disse. Io, in totale autonomia, decisi di non dire e/o scrivere nulla. Il Bologna fece "community" con i colleghi che contano (e sapevano), e pregò di non dire nulla. Io feci community con me stesso e presi la stessa decisione. Ci fu chi scelse diversamente, ma non è l'oggetto del pezzo di oggi. Per farla breve, a fine conferenza - ero presente, caso rarissimo nei miei ultimi 10/15 anni - il capo ufficio stampa rossoblù mi prese da parte e mi ringraziò a nome del Mister. E io pensai: ammazza che rete che c'è! E non lo scrivo in senso negativo, solo che alle modernità...troppo moderne non mi ci abituo. Mi fece piacere perché la sensazione prevalente verso questi totem che sono gli allenatori è che tu manco esista. Non parlo in specifico di Sinisa, ripeto che non lo conoscevo, ma vedo troppa vippaggine, che è poi quello che il pubblico digerisce meglio: troppo Billionaire, troppo padel, troppo...troppismo. E poco calarsi nella realtà del posto. Mi colpì molto negativamente quando a una sua conferenza pre-gara ognuno si presentava, arriva il turno di "Matteo Fogacci, Telesanterno" e lui risponde "cos'è, una tv di Napoli ?". Ma come, dai, porca vacca. Però è lo specchio di un atteggiamento, molto diffuso, e il bello (poco) è che nessuno lo nota. Gazzetta, Sky, oggi DAZN e - forse - RAI: finito, game over. Per quel Rotary lì, non esiste altro. Stadio è un gruppo supporter di Dalla. Sportitalia il refugium peccatorium di Moggi. 7 Gold il teatrino di Crudeli.
In un'altra occasione ero presente, quando, il 29 novembre 2019, al Dall'Ara, la dottoressa Francesca Bonifazi - dalla quale era in cura il mister serbo - risponde, durante la conferenza stampa del cappello fulvo di Mihajlovic, a una mia domanda sui tempi di guarigione (piccola e doverosa premessa: Sinisa torna in panchina e sui social è tutto un comprensibile - umanamente - ma assurdo "allora è guarito !") in toni perentori: "guarigione completa, non prima di cinque anni". Ne sono passati, Santa Klaus, tre e mezzo.
Così è capibile che i 53 anni di Sinisa prima dello stop siano pianti come troppo pochi, il decesso, prematuro, il vuoto che lascia, incolmabile. Tutto vero, anzi, verissimo. Però nella stanza di fianco al suo primo ricovero, due anni fa, albergava un diciottenne. Sconosciuto. E deceduto 24 mesi fa. Non so dire cosa più giusto, più spiegabile. Anzi, lo so: nessuna delle due situazioni.
Credo che sia vero quello che ha ribadito ancora oggi il Presidente Saputo, e cioè che l'esonero dell'uomo di Vukovar è stato l'atto più doloroso della sua ownership rossoblù. Non era facile decidere la stessa cosa a giugno, concordo. Era possibile - ovvio, a mio parere - farlo ancora prima, giacchè il Bologna mancava di un allenatore da troppo tempo (colpe del titolare? Relative), e la "cooperativa della panca" funzionava troppo a targhe alterne. Che oggi tutte le baruffe di spogliatoio si siano sbriciolate in un torrenziale abbraccio collettivo è il bello dello sport, un immenso lavacro che azzera cambi sgraditi, cazziate immeritate e tattiche penalizzanti.
Mihajlovic si è progressivamente umanizzato con la sua esperienza bolognese, intingendo nel ragù le sue spigolosità, e contemporaneamente abbassando il tiro agonistico di un club in cui l'unico pungolo era lui (finché è stato bene). Perché legava con Walter Sabatini? Perché sono - mi piace parlare ancora al presente - due uomini di calcio, in un contesto di travet applicati, capaci, ma che guidano una Range Rover come fosse una Opel Kadett. Per non creare troppe aspettative e restare in una "bronzea mediocritas", definirla aurea mi pare davvero un'esagerazione. A chi ha poca memoria suggerisco qualche ricordo del pre-Sinisa 2 (che fu fatto attendere due mesi - !!!! - a bagnomaria prima di prodursi in un'impresa impossibilmente disperata, ma riuscita). In Serie A con Falcinelli e Santander di punta. Sì, di punta. E una schiera di soprammobili da Ikea, forse, ma usati. Un allenatore che può essere ricordato solo per le intemerate contro i "gufi" (il primo era lui) e il tentativo, talora patetico, di allisciare il pelo a torcida acritica e critica profonda - forse -, ma allisciata. Nelle segrete stanze, a chi invocava il cambio panchina veniva risposto che la colpa dell'immobilismo era di Saputo, estimatore di SuperPippo.
Bene, lui arriva quando proprio nessuno ne può più e stravolge tutto, ridà un'anima e soprattutto i punti a Brancaleone e i suoi Crociati. Quando comincia a dire che non si accontenta, e se deve arrivare decimo (quando va bene...) preferisce stare sul divano, si ammala e non sapremo mai come sarebbe andata se la sfiga avesse preso un'altra direzione. Oggi sono stati messi a tacere tutti i predicatori del nulla che, in giro per l'Italia, hanno pontificato a raglio sul suo esonero. Da malati non si lavora, ci si cura. Il Bologna ha fatto la Onlus anche troppo, e non va criticato per questo. Sinisa ha palesato orgoglio e disperata autodifesa, se troppi lo giudicherà Nostro Signore. Il servizio pubblico ha lavorato come meglio non poteva, purtroppo al mondo si può morire. E che un ospedale di tutti funzioni bene non è un successo "comunista", ma civile.
Infine, la mia personalissima classifica sugli allenatori più di personalità e "originali" nel mio periodo rossoblù: 1) Pesaola; 2) Scopigno; 3) Mihajlovic; 4) a pari merito, Maifredi e Ulivieri.