Maurizio Pistocchi ha parlato del suo libro Juventopoli a 1 Station Radio, analizzando alcuni dei contenuti presenti assieme al collega Paolo Ziliani. Ecco le sue parole, raccolte da AreaNapoli
 

“Libro Juventopoli? Oggi è uscito e nasce da un’esigenza: in questo Paese c’è una bruttissima abitudine, quella di dimenticarsi di tutto, degli illeciti e degli scandali. Alla fine, resta soltanto un pallido ricordo. Abbiamo, invece, voluto mettere tutto bianco su nero tutto quello che è successo in questo anno incredibile. Un anno in cui si è passati da autoaccuse, come quelle di alcuni dirigenti che affermavano “questa è peggio di Calciopoli perché ce la siamo fatta da soli”, al patteggiamento che ha risolto tutto con 700000 euro e spiccioli. La gente, oggi, si chiede perché c’è un processo in corso presso la giustizia ordinaria. Abbiamo voluto porre un’analisi di quanto successo, arricchendola anche di altri episodi poco piacevoli della storia recente del calcio italiano. Potremmo definirlo un doculibro, dunque. Credo che sia un libro che tutti dovrebbero leggere, anche quelli che ancor prima che esca stanno riempendo il libro di recensioni negative. Una lettura del libro che potrebbe aiutare ad evitare di ripetere certi errori.

Tutti i brand hanno bisogno di una cosa fondamentale, la credibilità. I brand della moda sono credibili nel momento in cui sono affidabili in termini di qualità, ma questo in tutti i campi. La credibilità è la cosa più importante, ma oggi è credibile il nostro calcio? È credibile per come viene organizzato, e gestito? Ci sono cose davvero imbarazzanti, lasciate completamente al caso. Anche la decisione di Gravina di far sentire gli audio del Var al martedì o al mercoledì… Perché non farli sentire in diretta? Evidentemente verranno scelti quelli che fanno più comodo. È credibile una cosa di questo tipo? Non è l’unica cosa, come gli orari delle partite. Come la decisione di organizzare il calendario della Juventus in base alle esigenze di mercato, e del mercato asiatico. La forza di un brand, tuttavia, è in più squadre determinanti. La Premier è diventato il campionato più ricco perché c’è sempre una grande competizione fino all’ultima giornata. Il brand, insomma, non è una parola vuota come la sta usando Gravina, ma una cosa importantissima. È la reputazione”

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