Inizio marzo 2020. A Bergamo la frenesia della vita è ferma di un paio di giorni, tutti gli abitanti sono rinchiusi nelle proprie abitazioni. Poche persone sono ancora a lavoro e i ragazzi non sanno come riempire il tempo perché a scuola non possono andarci. Le vie sono vuote e dalla strada si sentono soltanto sirene di ambulanze e qualche urlo nel vicinato che stringe lo stomaco e crea angoscia. Nessuno sa cosa potrebbe succedere, l'unica certezza è che ci sarà da lottare e ci sarà molta sofferenza. 
Fino a due settimane prima il virus sembrava una malattia lontanissima, uno di quelli eventi che percepisci soltanto durante la visione di un film o di una serie tv, ma nessuno era al cinema in quel momento: tutti lo stavano vivendo sulla loro pelle. Due settimane prima l'Atalanta batteva a San Siro il Valencia con un netto 4 a 1 e ipotecando la qualificazione ai quarti di Champions League.
L'Italia intera è in lockdown, lo strazio di veder un popolo in ginocchio ad una pandemia che sta colpendo in particolar modo una provincia bella e unica come Bergamo.
Non c'è orientamento, non si sapeva cosa si sarebbe fatto il giorno successivo, c'era soltanto una data che veniva attesa: il 10 marzo 2023.
Molti tifosi avevano già acquistato il biglietto per la storica trasferta al Mestalla, una partita che sarebbe stata vissuta nel silenzio di uno stadio vuoto e che molti non avrebbero potuto vedere.
L'Atalanta quel giorno ha avuto un incarico che andava oltre alla vittoria sul campo, bisognava  vincere e passare il turno per dare la speranza di un poi, che tutto non sarebbe terminato quel giorno, ma era solo l'inizio.
Un ragazzo resta seduto sul letto della sua cameretta, non riesce rimanere in soggiorno ad ascoltare i telegiornali e non li va di sentire qualche suo amico tramite qualche chiamata. In casa c'è il totale silenzio e una sciarpa della storica “Curva Nord” stesa sul divano.
Qualche istante prima della partita il ragazzo si alza e corre verso la televisione, saluta la madre e la sorella e si siede di fianco al padre in silenzio, un silenzio che è un macigno e che viene interrotto dalla telecronaca degli storici Fabio Caressa e Beppe Bergomi che si concentrano maggiormente sulla gara e nel modo in cui nominano le formazioni si percepisce un nodo nella loro gola, mezzo strozzato, perché anche loro sanno che hanno il compito di provare a staccare un intero popolo da una situazione surreale.
Tutto è pronto, fischio d'inizio e la gara incomincia e per 90 minuti il mondo si blocca.

IL RAGAZZO E IL PADRE

Il ragazzo e il padre due settimane prima si trovavano a San Siro, ad esultare nella bolgia di una nottata perfetta. Indossano le stesse sciarpe di quella partita e si guardano in silenzio senza voler accennare una parola.
Dopo tre minuti Josip Ilicic accarezza il pallone in area con un doppio passo e viene steso da Diakhaby: è rigore e lo sloveno lo realizza.
Un urlo contenuto è quello che esce da due spettatori, una gioia strozzata, ma che dà speranza.
Gli spagnoli pareggiano al 21' con un inserimento di Gameiro, ma Ilicic al 43' procura un altro rigore a causa di un fallo di mano di Diakhaby e il risultato è lo stesso del precedente: raddoppio dello sloveno.
Nel secondo tempo il Valencia prima pareggia, poi passa in vantaggio con le reti di Gameiro e di Ferran Torres, ma la grinta dei bergamaschi è superiore e nonostante il passaggio del turno quasi consolidato, vogliono dimostrare di poter conquistare la vittoria in terra spagnola.
Al 71' ancora Ilicic fredda con un diagonale Cilessen e porta in parità il risultato. In casa il ragazzo e il padre si abbracciano ed esultano provando a godersi gli ultimi venti minuti, ma sembra mancar qualcosa.
Josip Ilicic sembra affaticato, chiede ripetutamente il cambio a Gasperini, pensa di esser soddisfatto della tripletta, ma il maestro di Grugliasco sa che il talento dello sloveno può dare ancora qualcosa.
Questo siparietto strappa un sorriso in panchina che si contagia sui volti del ragazzo e del padre.
All' 82' Ilicic riceve in area da Freuler e con un tiro di potenza infila sotto alla traversa la rete di un poker leggendario che lo consacra nella storia della Champions League. 

LA STORIA E' FATTA, LA STORIA SI FARA'

“L'Atalanta, alla prima partecipazione in Champions League, passa ai quarti di finale con un complessivo 8 a 3 contro il Valencia: maestoso Ilicic che nel ritorno segna quattro reti ed entra nella storia”.

I giornali esaltano l'impresa e per qualche ora nelle menti dei bergamaschi si pensa solo a quello. Questo passaggio del turno ha permesso di far capire che finita tutta la pandemia ci sarebbe stato qualcosa da vivere, da terminare e da affrontare a testa alta, questa vittoria ha significato per un popolo che in qualche modo bisognava pensare al futuro e che qualcosa di grande sarebbe stato pronto ad accoglierli.

Per una notte non si è sentito parlare dei catastrofici numeri, ma quel ragazzo è tornato in camera con le lacrime agli occhi e un solo nome nella testa:

“Ilicic, Ilicic, Ilicic, Ilicic”.

Ed è orgoglioso di esser bergamasco, così tanto fiero che si sente pronto a scendere in guerra per combattere contro quel virus che ha scacciato sogni e vite di centinaia di migliaia di persone, promettendo di portare sempre con sé le sue origini e far valere la sua appartenenza caratterizzato da un dialetto e da un accento unico, ma talmente forte da poterlo far sentire a tutto il mondo.

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