Sci, Sofia Goggia racconta dell'infortunio "Ero disperata, ma non come chi è a Gaza"
La sciatrice bergamasca, a 45 giorni dalla frattura del piatto tibiale, ha ripercorso quanto vissuto
La spensieratezza nel fare ciò che si ama. La sua felicità nel sentire la velocità sotto ai piedi. Poi il silenzio. E poi ancora il buio. Sofia Goggia, seconda donna italiana più vincente nello sci alpino dopo Federica Brignone, ha raccontato il suo ultimo ed ennesimo infortunio ad un mese e mezzo di distanza da quel 5 febbraio. Quel giorno l'azzurra si stava allenando sulle piste della Val Camonica in gigante quando una caduta le ha causato la rottura del piatto tibiale.
Niente Coppa di Discesa per Goggia
L'infortunio patito da Sofia Goggia, che ha messo fine prematuramente alla sua annata, non le ha consentito di lottare per conquistare la quarta Coppa di Discesa consecutiva (vittorie 2021,22,23), che sembrava anche quest'anno destinata a finire fra le sue mani. Con una sola gara da disputare ancora, la matematica lascia aperta la possibilità di trionfo a 5 atlete. La super favorita è però Lara Gut, già vincitrice della Coppa del Mondo generale, che guida la classifica di disciplina con 68 punti di margine sull'austriaca Stephanie Venier, prima inseguitrice.
Le parole di Goggia: “Verso Milano ero disperata”
L'infortunio patito dall'azzurra è stato una vera e propria mazzata psicologica. Sofia aveva lavorato infatti molto sulla sua sciata sempre al limite, tanto efficace quanto pericolosa, e per la prima volta stava disputando una stagione più regolare a livello tecnico e con meno rischi. Poi l'infortunio e lo sconforto. A distanza di 45 giorni la bergamasca è tornata ad allenarsi in palestra, seppur a carichi ridotti, e in piscina, ma il contraccolpo psicologico la accompagna tutt'ora, mentre racconta gli istanti dell'infortunio:
Mentre stavo cadendo ho subito capito mi fossi frantumata la tibia e non sapevo come dirlo ai miei tecnici. Mi sono tolta lo scarpone da sola e non ho sentito tutto il dolore che ho percepito dopo l'operazione, tuttavia mentre viaggiavo in elicottero in direzione di Milano ero disperata. Per quanto una frattura alla gamba per noi atleti sia un dramma, ho pensato a quanto succede in giro per il mondo e mi sono resa conto che c'è comunque molto di peggio, come le persone sommerse dalle bombe a Gaza.
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