Torino, senza ritegno: sul fondo del baratro c'è chi continua a scavare
Terza sconfitta in una settimana per il Torino di Mazzarri, quarta nelle ultime quattro partite. Prestazione senza gambe e cuore contro un Lecce scintillante davanti al suo pubblico
Una cosa è certa: l'incidente di percorso è stata la vittoria di inizio gennaio a Roma contro i giallorossi. Può essere solo questa la spiegazione di un Torino irriverente, senza spina dorsale, lontano dai bei tempi andati ma soprattutto dalla parvenza di essere squadra. Capace di incassare 15 gol in appena una settimana fra campionato e Coppa Italia; di essere, nelle ultime tre partite, la peggio difesa nei primi cinque campionati europei insieme con il Monaco in Francia. Magnanimo nei confronti degli avversari, tutti omaggiati con occasioni a iosa concesse e gol facili da realizzare, ignobile con sé stesso e con i tifosi che hanno sfidato distanze e scetticismo generale pur di essere presenti al Via del Mare di Lecce e assistere alla figuraccia della compagine di Mazzarri. Sempre i soliti a essere sul banco degli imputati, dalla società a chi siede in panchina a chi, in campo, sembra esserci quasi per caso. Sempre i soliti a salvare la faccia, Belotti e Sirigu che perlomeno ci hanno messo il cuore nel marasma generale. In una squadra ridotta all'osso per l'immobilismo sul mercato in entrata, ha fatto specie vedere difensori come Nkoulou o Bremer (si, proprio lui che ha siglato una singolare doppietta contro il Milan appena cinque giorni fa) surclassati dagli avversari di turno. O di un centrocampista come Meité capace di sbagliare anche la più banale delle scelte in mezzo al campo. Millico ha cercato di incidere e farsi notare per il tempo in cui è stato in campo (scelta forzata da parte di Mazzarri per l'infortunio muscolare di Verdi), ma al suo ingresso sul terreno di gioco il risultato era già sul 2-0 e la partita quasi ai titoli di cosa nonostante mancassero quasi 70 minuti alla naturale conclusione.
E adesso? L'impressione è che i tifosi siano stanchi persino di sentirsi chiedere scusa. Se la rovinosa sconfitta per 0-7 contro l'Atalanta ha fatto scendere giù le lacrime dagli spalti del Grande Torino, il 4-0 incassato senza se e senza ma al Via del Mare ha mandato su tutte le furie la gente granata. Il motivo è chiaro: contro la Dea, superiore per organizzazione, qualità e uomini a disposizione, perdere ci poteva stare anche se non così malamente. Quella contro il Lecce, che mai aveva vinto in casa in questo campionato, è uno schiaffo pesante perchè subito da una formazione (ben messa in campo dal tecnico Liverani e con buone individualità, Saponara e Barak su tutti) che continuerà a lottare per raggiungere il suo obiettivo stagionale: la salvezza.
La diagnosi, in questo momento, è ancora più impietosa di sette giorni fa: il Torino si piazza fra il mediocre e l'imbarazzante, con una voglia di invertire la rotta pari allo zero. Zero, come i gol segnati nelle ultime due partite e gli obiettivi che, ad oggi, sono rimasti in stagione. Zero, ovviamente, come le scusanti accettabili da chi sceglierà perlomeno di chinare il capo.
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