Siccome non ci si può presentare al debutto in Serie A con un esterno "arretrato" a braccetto (dopo un centrocampista "reietto" arretrato a libero), e le date erano perfettamente a conoscenza della dirigenza, ho provato ad andare alla memoria non a quello che usciva direttamente da Casteldebole - sinceramente me ne faccio poco, ognuno porta al mercato delle parole quello che ha e lo espone a seconda di quale sia il suo interesse alla valorizzazione - ma a quello che i commentatori più attenti - e NON ostili, quindi diversi dal sottoscritto - facevano filtrare nelle settimane precedenti, quando il debutto era lontano e tutti i discorsi erano plausibili.

Ho nelle orecchie una analisi di Matteo Dalla Vite, Gazzetta, fatta alla radio ufficiale attorno a fine luglio. Piccola premessa: alla Rosea, Matteo, over 50 di navigato mestiere, si è occupato di ambienti ben più ribollenti e spinosi: Juve, Inter, Milan. Il giornalista è un simbolo di compostezza, non affonda il colpo se non in casi rarissimi, la Gazza è partner del Bologna ed è una sorta di istituzione nazionale. Siamo a livello di Sky: critica, se non vietata, inopportuna.

Dalla Vite disse a chiare lettere che quella di Sartori è una rivoluzione e che sarebbero cambiati 4 o 5 giocatori chiave. Da notare: eravamo ancora in epoca di "sogno tattico" 3-4-3. Pensai: "se uno tanto prudente si espone così, avrà delle ragioni, eppure voglio vedere se quello che gli raccontano corrisponde al vero".

Purtroppo non c'é nessuna rivoluzione e c'é pochissimo riformismo (provare a giocar bene una volta a calcio, chissà...): sono partiti titolari giovani, arrivati soldi - nessuno ci ha detto che il budget andava dimezzato causa coperture passate, eppure l'occasione c'era, e cioè il giorno in cui è stato presentato Sartori - e pescato, finora, un acquisto e mezzo degni di questo nome (Lucumi e la prospettiva di Ferguson), il resto sono prospetti, prestiti "ciechi", vecchi svincolati onusti di carriera "average". Le giornate si susseguono e dire che c'è tempo è un vezzo da lasciare alle testate di regime. A meno che, sia chiaro,  non si voglia che ciò incida sul periodo pre-Mondiali, da giocare in forma sperimentale - senza un allenatore "effettivo", questo tendiamo un po' a dimenticarlo - con l'idea che tutto si definisca nel 2023, dopo il Qatar. Roba da TSO immediato, a mio parere. 

A me sembra che il Bologna abbia diversi separati in casa. Cito Orsolini, Barrow, Vignato, chissà Soriano, chissà Arnautovic, chissà Dominguez. Mi raccontava un ex rossoblù che pigliando Arna hai guadagnato 14 gol ma hai perso quelli di tre dei sopra citati, la cui somma è decisamente più elevata. Eppure oggi l'austriaco - scomparso, come quasi tutti, nel moribondo secondo tempo all'Olimpico, in cui sembravamo alla 35esima di campionato - è imprescindibile, lo vede un orbo. 

Non ho sinceramente compreso il senso della compresenza dei Dik Dik alla conferenza stampa del mister - il vecchio rocker al centro della scena - se non, immagino, per una pubblicità occulta del tatuatore (bravo, direi). 4 veterani con poco da dire - tranne De Silvestri - e che non potevano affermare l'unica cosa interessante, ovvero "gli abbiamo ordinato noi di coprirsi". Lo avrebbero delegittimato, credo, per troppa crudezza, e tutti si sarebbero chiesti che ci fa lo staff.

Mettiamo in fila i concetti. I giovani sono stati venduti. I rimpiazzi tardano ad arrivare. Chi è rimasto non è sempre soddisfatto. Il presidente ha chiesto di rientrare di spese passate. Il gioco non c'è, da anni. Lo staff tecnico...

Ecco, da un lato Mihajlovic è messo in difficoltà da tempo da una società in arretramento costante sul piano della ricerca della qualità della rosa. Lui ha sbagliato quando enfaticamente disse che per lottare per il decimo posto non si sarebbe spostato dal divano, anche perchè ora in alcuni casi deve usare il divano per allenare. Poi si è accontentato per gratitudine e per supremo senso di attaccamento della vita. Tanto viene permesso a lui e alla sua famiglia di esternare una legittima passione laziale e ci mancherebbe altro che l'ospitale Bologna non esibisse la sua civiltà. Nel mio quasi doppio lustro di oppositore uno dei momenti più bui è stato vedere quelle croci sul prato antistante il Galli, i dirigenti si possono criticare anche dicendoglielo in faccia. 

Comunque, per noi, per la nostra piazza, non è una stallo proponibile all'infinito. Non si cresce, anzi si cala, ma non c'è lo stimolo per farlo nemmeno proveniente da un allenatore che ha un altro obiettivo, e la piazza, imbacalita, attende, brontola ma non preme, ha paura di disturbare e continua a pensare a quell'inesistente Mezzolara che si paventa come pericolo a distanza di 8, interminabili anni, vissuti sulla base di una narrazione oculata e calibrata, mai casuale, e certo non finalizzata a fare il miglior calcio possibile. 

Personalmente sono consolato molto, ma molto poco dalle sconfitte di Sassuolo, Verona, Monza e, con tutto il rispetto, per me commentare loro o l'Akragas cambia poco. Vorrei che la si smettesse di guardare al Bologna con questo fatalismo perché tutto ci è dovuto. Se lo è stato un tempo, non è più così.  

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