#27 Serie A di basket, la giornata zero. Adesso bisogna cambiare
Solo tre partite nel fine settimana impongono un cambiamento verso una stagione di sopravvivenza e dedicata agli italiani
Visto da una parte, con i filtri di un esagerato ottimismo, il campionato di basket di serie A si prepara a un fine settimana con solo 3 partite. Visto da un'altra parte, quella di un realismo finora sempre accantonato, il rinvio di 5 partite nello stesso fine settimana certifica che il campionato, inseguito ancora qualche giorno fa, non c'è più. E adesso bisogna rassegnarsi a una stagione di sopravvivenza, meglio se dedicata agli italiani, non garantendogli certo una corsia preferenziale ma cominciando a considerarli alla pari degli stranieri. Qualche riflessione.
Subito una cabina di regia
Si può anche capire un certo smarrimento,che nessuno sappia cosa fare in una stagione che non è più imprevista e, per di più, peggiora ogni giorno, ma adesso servono segnali. Atti concreti. Chi vuole può anche stare ad aspettare risposte dal Governo che, pare, ha questioni più urgenti sul tavolo. E se butta un occhio sotto canestro magari può anche prenderci in giro: ah, la lettera di Messina era l'espressione della solita arroganza di Milano avete giudicato, ma intanto lui aveva detto, quando ancora c'era un po'di tempo, che bisognava salvare il campionato; ah, l'idea di Recalcati di una classifica calcolata sulle percentuali di vittorie era la visione di un saggio che non capisce che bisogna finire almeno il girone d'andata, e adesso che siete arrivati appena a metà del girone d'andata cosa dite ? Un altro silenzio da parte dei vertici del basket sarebbe inaccettabile. Vero, non abbiamo impianti, e prima ancora risorse, per replicare una bolla stile Nba, solo il Forum e la Segafredo Arena hanno le caratteristiche necessarie, impianto vicino al casello autostradale e hotel a pochi metri. Vero, siamo impreparati, e senza difese, come tutto il mondo è impreparato e senza difese. Ma adesso bisogna spremersi le meningi, smetterla di difendersi dietro le pratiche burocratiche , e bisogna difendere non la posizione di un singolo club ma del movimento, Un virus si combatte con comportamenti virali, ovvero serve che ogni squadra, ogni giocatore faccia la sua parte per l'interesse collettivo.
Il coraggio degli italiani
Dire che il motore della ri-partenza devono essere gli italiani non è una offesa verso gli stranieri. Al contrario è un atto di quel realismo che ancora manca al basket italiano nel complesso. E'normale che gli italiani siano i più attaccati al campionato. Hanno voglia di giocare le coppe, ringraziano le società che organizzano i charter che oggi, nell'altro silenzio fin troppo rumoroso, quello dell'Eurolega, sono davvero l'unico modo di organizzare una trasferta, a meno che non si vogliano correre altri rischi oltre a quelli di giocare in palasport dove allegramente altri Paesi permettono la presenza di fin troppo pubblico, ma si rendono conto che andare in giro per l'Europa, lo hanno detto benissimo Tonuti e De Nicolao, è un rischio esagerato. Poi, gli italiani, sono quelli che si sbucciano le ginocchia per recuperare i palloni. Il poster boy di oggi è Alessandro Pajola. Cresciuto, tanto, almeno quanto è calato, fino all'infortunio, Markovic. Fondamentale per la Virtus, come e più di Teodosic, anche perchè il 44 con lui al fianco riesce a essere il vero 44, non dovendo spremersi anche in difesa. Promosso definitivamente, e ormai se ne sarà convinto anche Djordjevic, che ha sempre puntato su di lui, tanto quanto per il mpomento è bocciato, senza aspettare altri appelli Adams.
C'è chi pensa al mercato
Così come la gente per la strada si mette la mascherina e evita gli assebramenti se ha, in alto, un comportamento modello da seguire ( e indicazioni chiare ), così i tifosi devono essere istruiti dalle loro società: oggi bisogna essere realisti, non c'è spazio per i negazionisti. O per il tifoso, e ovviamente non ce l'ho con lui, che in una trasmissione in diretta per Basket 108, oggi mi ha chiesto un parere sul mercato possibile per la sua squadra. Gli ho risposto, forse fin troppo stizzito, e chiedo scusa, che pensare oggi al mercato non ha senso, e non perchè siamo all'inizio del campionato, perchè questo è a tutti gli effetti un nuovo inizio, ma perchè inserire un esterno oggi in una squadra è una operazione rischiosa. Le squadre, in palestra, sono di fatto in una bolla. Nessun contatto con l'esterno, e quando capita, come successo al povero Abass, subito arriva il conto. Le società sono da un'altra parte. Due gruppi separati in casa. Oggi prendere un giocatore al mercato mi sembra appunto un peccato di negazionismo, e non solo perchè i soldi non ci sono, e ce ne saranno sempre meno, ma appunto perchè portarsi in casa un estraneo che deve frequentare per tesseramento e allenamento i due gruppi separati, premesso che probabilmente deve già trascorrere qualche giorno in asolamento venendo da fuori, mi sembra una follia.
Chiedere un aiuto allo sponsor
In questi giorni abbiamo letto anche che l'Inter ha recuperato almeno 10 dei 12 milioni che ha perso al botteghino. Magia o merito dei suoi dirigenti ? Merito dei suoi dirigenti, ovviamente. Hanno speso, diciamo pure hanno investito dei soldi in una polizza assicurativa che garantiva la società contro il rischio di partite a porte chiuse. Ecco, basterebbe anche, che la cabina di regia sopra invocata si riunisse, e senza colpi di teatro, con lo stesso ragionamento e, aggiungo, lo stesso livello di preparazione dell'Inter, pensando al girone di ritorno, visto che tutti a quelle colonne d'Ericola guardano, invitasse alla riunione lo sponsor del campionato. Non importa che qualcuno ricordi che Alessandro Gassman, il testimonial della campagna, è il figlio di un giocatore di basket, tale Vittorio Gassman, incidentalmente un gigante del cinema e del teatro. Basterebbe che qualcuno leggesse lo slogan della campagna di Unipol Sai: sempre un passo avanti.