Giorgio Perinetti a Il Pallone Gonfiato: "La sorpresa e la delusione della Serie A. I problemi dell'Italia..."
Il direttore sportivo del Brescia, Giorgio Perinetti, ha parlato di Serie A, nazionale italiana e tanti altri temi ai microfoni de Il Pallone Gonfiato
Giorgio Perinetti, direttore sportivo del Brescia Calcio, in un’intervista esclusiva a’ “Il Pallone Gonfiato”, ha analizzato l’andamento del campionato di massima serie, la rivelazione delle italiane in Europa e le problematiche della nazionale di Roberto Mancini.
I sorteggi per i quarti di Champions sono stati favorevoli per le Italiane, qual è il suo pronostico?
«Il sorteggio ha gettato le premesse per avere un club italiano in finale, con il Napoli maggiormente accreditato. Ne vedremo delle belle. Attenzione però a non sottovalutare il Benfica, squadra molto forte».
C’è chi parla di un livello sempre più calante in serie A, intanto, come non accadeva da tempo, sono tre le italiane candidate per la semifinale di Champions. L’approccio con le compagini europee genera motivazioni nelle squadre dello stivale o sono meno brillanti le sfidanti estere?
«Vari fattori hanno contribuito a questo risultato. Ogni stagione racconta una storia. La necessità dei club è quella di centrare obiettivi importanti in Champions, affinché possa esserci nuova linfa vitale per gli introiti e al fine che si possano alimentare ulteriori stimoli per i calciatori, per creare nuove possibilità ed aprirsi a scenari internazionali».
In massima serie lo scudetto è matematicamente quasi assegnato, non solo per lo straripante Napoli, ma anche per l’inaspettata discontinuità delle big. A cosa è adducibile l’altalenanza di squadre come Inter, Milan, Roma…?
«Alle milanesi è mancata una stabilità finanziaria negli ultimi anni. Per le romane difficoltà ad alzare definitivamente l’asticella per il salto di qualità».
La scorsa stagione abbiamo assistito ad un miracolo sportivo con la Salernitana, quest’anno chi occupa la zona rossa della classifica crede possa avere ancora possibilità per salvarsi?
«La Salernitana grazie agli ingenti sforzi del Presidente Iervolino pare la società più al riparo nella corsa salvezza e da esiti negativi. In quanto alle maggiori candidate per la retrocessione: Sampdoria, Cremonese e Verona, occorrerà il secondo miracolo sportivo affinché le attuali predestinate possano uscire dalle sabbie mobili».
Quale tra le squadre di serie A ritiene sia stata una rivelazione? Quale una delusione?
«Il Monza di Palladino è la nota sorprendente per autorità e compattezza. La discontinuità dell'Inter era inaspettata, con tante sconfitte già maturate, ha vissuto finora, una stagione, alquanto, deludente».
Il ritorno di Sousa in Italia può essere un plus valore non solo per la Salernitana, il suo modo d’intendere il calcio è innovativo. Cosa ne pensa?
«L’ingaggio di Paulo Sousa è stata una felice intuizione del Club, e porta un valore aggiunto per la propositività della proposta tecnica. In generale, il lavoro proficuo di vari allenatori italiani come: Italiano, Dionisi, e Zanetti, aiuta il rinnovamento in atto, nella direzione di un calcio più "giocato"»
Dove può arrivare la Salernitana e quali migliorie dovrebbe apportare per realizzare il sogno del presidente Iervolino, ovvero, raggiungere con poche difficoltà ma parte sinistra della classifica?
«Credo che la Salernitana arriverà ad una salvezza meno sofferta e ricca di suspense rispetto alla scorsa stagione, soprattutto, ritengo che il lavoro in profondità che è stato impostato, porterà a soddisfazioni eclatanti nel prossimo futuro».
La tecnologia arbitrale introdotta, col tempo, ritiene possa deresponsabilizzare gli addetti ai lavori facendo calare qualità e pressione?
«É un quesito molto interessante. In effetti, il pericolo che la tecnologia si erga a salvaguardia assoluta dagli errori, può demotivare gli arbitri di campo. È assolutamente necessario, invece, che il direttore di gara mantenga un ruolo primario e centrale, essendo l'unico che può applicare anche la norma non scritta ma, fondamentale, del buon senso».
Cosa manca alla Nazionale italiana per ottenere nuovamente il prestigio di cui godeva anni fa?
«Qui occorrerebbe un trattato. Ritengo sia necessaria una rivoluzione nei concetti di formazione dei giovani calciatori. E la formula è un semplice ritorno al passato, paradossalmente. Bisogna tornare all’insegnamento della tecnica individuale nei settori giovanili, al gioco per il gioco, alla libera espressione delle qualità, a scapito di tattica e ricerca speculativa del risultato. Servono istruttori e non allenatori improbabili che sperimentano se stessi, anziché dedicarsi all’insegnamento ed alla valorizzazione del talento. Processo non breve, ma base fondamentale per un rilancio dello sport che amiamo a livello nazionale, restituendoci le nostre prerogative di abilità e l'identità che ha contraddistinto anni di dominio in campo mondiale».