Soriano: “Devo moltissimo a Mihajlovic. Futuro? A Bologna sto alla grande”
Il centrocampista italo-tedesco alla Gazzetta dello Sport si racconta a 360 gradi: “Quando rimetto piede in campo, bacerò l’erba. Per la Nazionale ci sono”
Roberto Soriano in una lunga intervista rilasciata alla Gazzetta dello Sport a firma Matteo Dalla Vite, ha parlato della sua esperienza a Bologna e del rapporto instaurato con Sinisa Mihajlovic sin dai tempi della Sampdoria. Si parte dalla speranza di un ritorno al calcio giocato: “Quando rimetterò piede su un campo da calcio farò due cose: un sorriso grande così, di quelli larghi, da bambini; e poi manderò un bacio all’erba. Cosa mi disse Sinisa quando arrivai alla Samp? Ero una riserva, lui appena arrivato mi prese da parte e mi disse: “Ti ho visto: se fai quel che sai fare, con me giocherai molto”. Non sono più uscito. Di primo impatto Sinisa mi pareva uno di quelli coi quali non riesci a discutere. Sbagliato. Con lui ci si parla eccome. E si impara. Quando l’ho rivisto qui a Bologna? Mi disse: “Oh, ma sei ingrossato: hai fatto palestra?”. A lui devo moltissimo, da sempre. Se ho guardato la classifica in questi giorni? Mai. Ma il decimo posto racconta i un campionato in cui potevamo anche fare di più. Le dico due gare: le sconfitte in casa contro Inter e Roma, incredibili. Abbiamo sempre giocato alla pari con tutti, siamo una squadra che ha esperienza e giovani bravi, in cui tutti corrono per tutti, nessuno si sente superiore a nessuno. Una squadra che ha futuro: il problema è che non abbiamo finalizzato quanto prodotto. Se penso ai gol non fatti, rosico di brutto. Anche ai miei? A Roma, un campionato fa, piansi per i gol falliti. Non sono un bomber ma ne ho fatti...Quando ne sbaglio alcuni rimugino: e ci sto male. Ma il mio lavoro è un altro: e prima di tutto penso a far bene quello. Non è che mi risparmio per farmi dire “Bravo” dopo un gol. No. E quelli così non li sopporto. Se ho mai giocato a porte chiuse? No. Ma so che non può essere la stessa cosa. Semplice ragionamento: se il calcio è lo sport più famoso al mondo è perché ci sono i tifosi. Se è giusto ricominciare? Abbiamo tutti una voglia pazzesca di giocare. Ma per rispetto dei decessi e della salute sarà giusto farlo in sicurezza. Proviamoci, e sa anche per chi? Dicono che il calcio sia un mondo privilegiato, e va bene. Ma il calcio tutto non è solo chi corre. E’ pure un bel po’ di gente che in questo momento è senza lavoro. Non guadagna. Se ho una rivincita personale in Bologna-Juve? Parla di quel retropassaggio, dell’andata: pensavo di avere l’uomo addosso e ho scaricato la palla, Pjanic ha segnato. Una mezza rivincita la vorrei. Quasi 500 giorni a Bologna: scelga tre momenti-clou. Il primo non è un bel ricordo: lo 0-4 contro il Frosinone. Se in quel momento mi sono pentito di aver scelto Bologna? Mai. Il secondo momento? La sera della salvezza aritmetica, Lazio-Bologna 3-3. Una mezza impresa, davvero. Il terzo? Quando Sinisa è apparso inatteso a Verona. E’ stato il momento più alto e umanamente toccante. Ne aggiungo un altro, quello in cui l’unione fra noi ha raggiunto il top: quando di ritorno da Brescia siamo andati a trovare Sinisa all’ospedale. La Nazionale? Se succede, io ci sono. Ma decide Mancini, si dice così. Il mio futuro? Ho un contratto fino al 2023 e qui sto veramente alla grande. Al momento non vado oltre quella data ma una cosa è certa: non voglio nemmeno altro”.
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