Virtus: quella su Milano è una vittoria che ipoteca il futuro
Il nuovo Director's Cut è incentrato sulla larga vittoria della Virtus Bologna sull'Olimpia Milano
Se la faccia è lo specchio dell'anima, beh, Ettore Messina è lo stesso, terreo e abbacchiato, del giugno scorso, quando Milano visse l'umiliazione sportiva di perdere 0-4 uno scudetto che le era assegnato non solo per diritto "divino", ma per obiettiva maggiore consistenza tecnica, proprietaria e manageriale della gloriosa Olimpia.
Quest'anno, vinto all'overtime il derby d'Italia dell'andata, e fatta la tara sugli assenti causa Covid della domenica delle Palme, la scoppola subita alla Segafredo Arena potrebbe avere un peso superiore al previsto non solo sul futuro prossimo, ma sugli equilibri dell'avvenire.
Grazie alla disgregazione dei team russi di Eurolega ed Eurocup (questa maledetta guerra ha avuto un risvolto positivo nell'immediato, nel futuro anche lì si complicheranno le cose, ulteriori scissioni, rotture, liti e complicazioni), lo scatto in avanti, in termini di autostima, fatto dalla Virtus di Zanetti e Scariolo (con un significativo contributo del management) dopo l'arrivo di Shengelia e Hackett ha sorpreso gli avversari e sparigliato notevolmente le carte. Dice un collega, in termini, molto bolognesi, che, se non capitano sfighe, la V è "irrimescolabile". E, in effetti, la varietà di soluzioni possibili, pure in assenza di Marco Belinelli, è tale che Sampson finisce in tribuna, Mannion non entra, Tessitori e Alibegovic giocano 4' e Hervey 12', e questo non era stato preso per fare il comprimario.
A un certo punto si veleggia verso i 30 punti di scarto, poi i remi tornano sulla "batana"e quel divario si annacqua. Il 9 dicembre 2001, l'allora Adecco ne beccò 38 dalla Kinder, 105-67 (stellari medie di tiro e gigantesca supremazia ai rimbalzi, ma era una Milano che alla fine arriva terzultima). Sono passati oltre 20 anni e quell'epoca pare riaffacciarsi, senza esagerare nelle esultanze, perché ora ci sono i barrage di EuroCup con avversarie, oggi, meglio dell'Olimpia.
Qualche considerazione a margine.
Nonostante il forfait dei russi, e atteso che il budget di Milano è cresciuto e la squadra di Messina può arrivare alla final four, l'Eurolega prosciuga energie. In questo Messina ha ragione.
La Virtus ha già una squadra da ...categoria superiore. E soprattutto ha la volontà di crescere ancora, e il suo proprietario ha l'età per farlo, e la voglia di rivincita, "contro" una città che lo ha ripudiato sul calcio con motivazioni futili e preferenze fallaci. Il giorno che non ci sarà più Armani (88 berrette suonate), il suo compagno, che è il riferimento di Messina e Stavropoulos, è in grado di andare avanti in modo così...cestofilo, applicato, e ne ha i mezzi? Lui o qualcuno in azienda? E Messina e il greco, in caso, saranno in grado di fare i Carnevali, cioè quel dirigente che - a Sassuolo, però, non sotto la Madunina - sopravvive alla grande alla dipartita prematura di Squinzi e signora, ma è, in qualche modo, "costretto" a mettere sulla bancarella Scamacca, Raspadori, Berardi, fino ai più giovani Frattesi e Lopez? Attenzione: ai neroverdi non è chiesto nè scudetto né Champions. Alle scarpette rosse sì, quello o qualcosa di simile.
E' elegante il gesto messiniano di preannunciare voto favorevole alla riammissione del club bianconero in Eurolega anche tramite wild card, ma l' "utilitarista" Messina lo ha - giustamente - specificato: debbono, come noi, "patire" i ritmi di una stagione infernale. Ci sta.
Guardando in casa bolognese, non deve sorprendere l'accantonamento della parte del roster giudicata, a torto o a ragione, residuale. Scariolo aveva annunciato un accorciamento delle rotazioni e, nel corso di una stagione, giunge un momento nel quale gli esperimenti si debbono chiudere. La proprietà investe con la chiara finalità di vincere il più possibile e un tentennamento sulle scelte di impiego sarebbe pesantemente pagato dallo staff tecnico. Il confronto Djordjevic-Scariolo sarà inevitabile, certo, ma non nelle segrete stanze di Via dell'Arcoveggio: in quelle il ritorno indietro non sarebbe comunque previsto. Tra i tifosi forse ci saranno delle - legittime - vedove, e rimbalzeranno sempre critiche su cambi o scelte finali, ma si tratta di un cicaleccio tanto previsto quanto ininfluente.
Il pienone della Segafredo Arena conferma che, nello stile degli sport britannici, il prezzo - per un evento di cui valga la pena - non è un problema cruciale. Rievocare nostalgicamente i sold out stabili delle ere porelliane e cazzoliane prescinde da una serie di fattori, il primo dei quali è l'alternativa tv in diretta allora assente e oggi fruibile a prezzi di saldo. Farebbero fatica, oggi, anche i dioscuri sopra citati.
La vittoria sonora, rotonda e inequivocabile non è un gran segnale per il nostro basket. Lo è solo per la Virtus, in pratica. Se l'equilibrio non c'é nemmeno tra le prime due, qualcosa tocca. Adesso prevale la doverosa esultanza e ciò mette benzina nel serbatoio di ambizione di Massimo Zanetti, sufficientemente capiente.
Voglio citare tre spunti, alla fine.
Il playground dei Giardini Margherita ospita, per la prima volta nella storia, un team americano, al quale verrà fatta grazia della prima fase, entrando già nei quarti. Vi ricorda qualcosa? Succederà un giorno, che una grande squadra alzerà la voce e una qualche modifica sarà introdotta pure nei nostri format.
Mi raccontava Giovanni Lucchetta, presidente della prima Sisley vincente nel volley, che lui pagava premi doppi per vittorie o sconfitte per 3-2. Divari netti non gli interessavano, non li retribuiva. Un racconto simile a quello di Gigi Porelli che si raccomandava ai suoi competitor milanesi, caturini, varesini e poi pesaresi e trevigiani di far sì che lo scudetto, ogni due anni, cambiasse padrone. Restate competitivi, insomma, più squadre di qualità ci sono più ne guadagna il movimento.
Infine, mi spiacerebbe che il virtuoso tentativo della "nuova" F (che ha perso a Venezia, ma ben giocato, contro un team più forte) venisse sporcato da immissioni senesi che hanno a che fare zero con una storia gloriosa e tutta petroniana. Sarebbe una pecetta, nemmeno delle migliori.