Al termine del match perso dal Milan sul campo dello Spezia per 2-0, i giocatori rossoneri sono andati sotto lo spicchio dei loro tifosi per un confronto, che però è stato molto criticato da molti addetti ai lavori e con la Procura della FIGC che ora dovrà verificare se il discorso tenuto dal leader della “Curva Sud”, sia stato un semplice incitamento o un tentativo intimidatorio.

A riguardo è stato molto critico il giornalista Giancarlo Padovan, che nel suo editoriale sul sito calciomercato.com, ha scritto:

“Ho troppi anni di vita e di professione sulle spalle per non capire che la chiamata a raccolta dei calciatori e dell’allenatore del Milan, sabato a La Spezia dopo la sconfitta in campionato e ieri a Milanello prima del derby di Champions, non abbia un contenuto intimidatorio. Intere squadre sotto la curva degli ultrà (o dei tifosi più radicalizzati) si erano già viste, ma mai, almeno a mia memoria, in trasferta e con un capopopolo che parlava a tutti nel silenzio generale, mentre l’allenatore annuiva, come se il masaniello recitasse il vangelo”.

“L’imbarazzo era palpabile perchè era come se si stesse realizzando un patto espresso unilateralmente. Non ho sentito, ma credo di avere capito: i tifosi che promettono di non contestare a condizione che martedì si dia tutto, si onori la maglia, ci sia combattività e agonismo. E poi, a suggellare questa promessa, gli applausi e i cori “siamo sempre con voi, non vi lasceremo mai”, puntualmente ripetuti ieri come a mimetizzare la rabbia, il dispetto e lo sconcerto per un’eliminazione assai probabile”.
 

"Ignoro se l’indagine della procura della Federcalcio porterà a qualche provvedimento (la gogna pubblica dei tifosi non è permessa), ma sono certo che quel tipo di contatto con calciatori e tecnico non conteneva né incitamento, né supporto, ma era una presenza minacciosa per far capire che le cose non erano più sopportabili. Ormai non ci sorprende più nulla, ma che siano gli ultrà a fare i discorsi di competenza della società è veramente intollerabile. Come se ormai non ci fossero più filtri, né misura e il vero interlocutore della squadra fosse il tifoso-capo cui tutti si sottomettono. Per paura o per convenienza".

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