Luciano Moggi ha risposto duramente alle critiche mosse dal figlio di Giacinto Facchetti, Gianfelice. Ecco le sue parole al veleno, pubblicate all’interno del suo editoriale per Libero Quotidiano (raccolte da Tutto Cagliari): 
 

Leggendo la rassegna stampa di giornata, mi è comparso un articolo del Corriere della Sera, a firma di Gaia Piccardi, che ha intervistato Gianfelice Facchetti, da me da sempre collocato nella categoria di chi parla troppo facendo danni a se stesso e ad altri, padre compreso, per la voglia di apparire. Facchetti ha colto l’occasione per dire di aver testimoniato al processo di Calciopoli, affermando che quello che ha detto sta agli atti e per lui è come aver conquistato una “medaglia”. Oltre a dire che mi ha querelato per diffamazione. Chi era presente a quell’udienza potrebbe pensare veramente ad un colpo di sole del soggetto. Premetto che non avevo voglia assolutamente di rivangare i fatti di Calciopoli dei quali si occuperà la Corte Europea. E avrei fatto anche a meno volentieri di parlare di suo padre, ma lui, evidentemente per la voglia che ha di far sapere che esiste, parla di Calciopoli e della querela fattami per diffamazione anche a costo di infangare ulteriormente il nome del defunto padre. Per cui, visto che istiga, rispondo alle sue elucubrazioni con la cronologia dei fatti da lui enunciati. Quanto alla “medaglia” di cui parla, si presentò come teste di accusa sotto giuramento, con un foglietto in cui c’erano degli appunti che il Tribunale si rifiutò addirittura di acquisire, ritenendolo più un appunto per quello che avrebbe voluto dire in tale occasione, sicuramente non probante agli effetti della accusa. Una medaglia insomma di “cartone”. Veramente comico è poi sentirlo parlare della diffamazione, considerato il risultato finale che lo ha visto condannato dal Tribunale di Milano che, a danno del padre, ha spiegato come Giacinto Facchetti «facesse  lobbying con gli arbitri». Il Procuratore Federale Palazzi, inoltre, ha scritto che «l’Inter era la società che rischiava più di tutte per il comportamento illegale del suo presidente Giacinto Facchetti». Nell’occasione è stata messa in evidenza la telefonata tra Facchetti e Bergamo il giorno precedente la semifinale di Coppa Italia Cagliari-Inter (nr. 45456 dell’11.5.2005, che a detta del Tribunale era estremamente indiziante quando si diceva che lo score dell’arbitro Bertini con l’Inter - 4 vittorie, 4 pareggi e 4 sconfitte - si doveva smuovere con un risultato che avrebbe dovuto cominciare per V(ittoria) e cioè diventare 5-4-4). Il Tribunale sostiene che in merito a questa telefonata non ci si trova certamente nell’ambito di una simpatica chiacchierata tra amici, anche perché le parole di Facchetti fanno ritenere che vi sia stata una neppur troppo velata pressione nei confronti del designatore affinché questi raccomandasse la cosa all’arbitro Bertini: «Diglielo che è determinante». Facchetti replicò all’arbitro direttamente andando nello spogliatoio di Bertini prima della partita (...)".

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