Sebastien De Maio si racconta in esclusiva: la prima stagione al Bologna, la carriera ed il rapporto con l'Italia, il mestiere del difensore

Ieri è terminata la stagione del Bologna. Un'annata complessa in cui la squadra non ha mostrato i passi avanti auspicati e che si è conclusa con forti tensioni extra campo. Per tracciare un bilancio ma anche per conoscere meglio uno dei volti nuovi del mondo rossoblù, la redazione de "Il Pallone Gonfiato" ha avuto la possibilità di incontrare a Casteldebole il difensore Sebastien De Maio. Ne è nata una chiacchierata intensa e piacevole in cui si è parlato di calcio giocato e teorico ma anche di vita.Sebastien, un anno fa si chiudeva un anno avaro di soddisfazioni a Firenze. Dodici mesi dopo cosa è cambiato? "L'anno scorso non ho giocato tanto ma sono stato bene a Firenze quindi non lo considero negativo. In estate però ho pensato di riscattarmi, avevo bisogno di giocare ed essere protagonista: qui penso di aver esaudito i miei desideri. Bologna è una scelta giustissima, un ambiente perfetto per fare calcio ed una società storica con degli obiettivi importanti". Hai vissuto una carriera quasi interamente italiana: cosa significa per te questo Paese? "Ho fatto le giovanili in Francia ma il professionismo per me è sempre stato in Italia. Per questo motivo sono molto affezionato al vostro Paese. Vivo a Brescia con la mia famiglia, quello è il mio punto di riferimento. A Genova poi sono stato molto bene ed è stato difficile andare via. Mia moglie si è innamorata di quella città ed anche mia figlia a volte mi chiede di tornarci quindi Genova è stato un posto importante per tutti noi. Spero che anche a Bologna possa accadere la stessa cosa". Il cuore del tifoso però è ancora a Parigi? "Il PSG è la squadra per cui tifo, sarebbe stato un sogno poterne indossare la maglia ma non è mai stato possibile e soprattutto adesso sarebbe molto difficile: cercano top player ed io non lo sono. E comunque giocare per la squadra della propria città a volte può anche fare brutti scherzi. Va bene così". In Belgio invece solo pochi giorni prima di tornare: cosa è successo? "Lasciare il Belgio poi è stata una scelta legata alla volontà della famiglia, mia moglie aveva qualche dubbio ed era giusto che cercassi un'altra soluzione. L'Anderlecht mi ha capito, non era una situazione semplice ma mi hanno lasciato libero. Li devo davvero ringraziare per la comprensione mostrata". Veniamo all'anno in rossoblù. A 31 anni hai l'esperienza per giudicare se il mix tra giovani e veterani ha funzionato. "Secondo me poteva funzionare meglio, si può sempre fare qualcosa di più. In alcune partite ad esempio si è visto che la squadra ha fatto un buon primo tempo poi al primo gol subito si abbatteva: sicuramente si può migliorare questo aspetto di gruppo ma serve tempo per riuscirci".I numeri dicono che la coppia che hai formato con Maietta è stata la migliore. Quale spiegazione ti dai? "Con Mimmo avevo una buona intesa, è un ragazzo esperto. Non dico che fosse più facile giocare con lui ma certamente ci conoscevamo da più tempo e questo aiutava". Uno dei punti negativi della stagione è stato il numero delle sconfitte. Tante, troppe: come le avete vissute? "La sconfitta pesa tanto soprattutto quando magari giochi bene, porta negatività e nervosismo nella settimana successiva. Ci si sente anche sfiduciati. Quello che voglio far capire alla gente è che non siamo contenti quando perdiamo, i primi delusi siamo noi e viviamo sempre una settimana difficile. L'anno prossimo dovremo assolutamente cambiare questo trend: perdere meno e magari fare qualche pareggio in più. Sembra poco, ma un pareggio porta punti". Ad inizio anno ci aspettavamo di vedere spesso una difesa a tre. Non era nei piani o non ha funzionato? "Quando abbiamo giocato a tre non penso che abbiamo fatto male. Difendere a tre permette di essere più aggressivi ma in avanti perdiamo magari qualcosa perchè ad esempio un ragazzo come Di Francesco deve darci una mano dietro. A tre giochiamo più larghi, occupiamo più campo e quindi dobbiamo essere bravi a prendere più spazio". Spiegaci come la tattica cambia la vita per un difensore. "Difendendo in numero dispari, uno dei tre può alzarsi a prendere la mezzapunta o addirittura la mezzala avversaria tenendo la squadra alta. A quattro devi ragionare di più e non puoi uscire altrimenti lasci il tuo compagno di reparto da solo". Tu cosa preferisci? "In questi anni ho giocato tantissimo a tre sia a Brescia che a Genova ma anche a Firenze in fondo era una difesa mascherata. Personalmente mi sento bene in entrambi i moduli quindi non ho preferenze. In fin dei conti non mi cambia tanto".Nei tre anni in Liguria hai lavorato con Gasperini. Ci racconti le differenze tra lui e Donadoni? "Umanamente Gasperini è più "matto" rispetto a Donadoni che cerca di farti capire le cose con calma. A livello tattico invece Gasperini è più improntato all'uno contro uno a tutto campo, la marcatura con lui è una sfida con il tuo avversario di zona: la vedevo come un vero e proprio duello tra me ed il mio attaccante. Donadoni chiede un lavoro più di squadra in cui quando uno attacca serve sempre un altro a coprire". Qui c'è anche uno staff tecnico molto nutrito. È una novità per te e lo ritieni utile? "Nel calcio di oggi lo staff è importante visto che ognuno cura una specializzazione. Anche a Firenze erano in tanti, soprattutto stranieri ed ognuno con un ruolo specifico. Secondo me avere uno staff ampio risulta un valore aggiunto perchè ti permette di confrontarti con persone che hanno fatto studi più specialistici". Dopo l'ultima in casa siete stati contestati dal pubblico del Dall'Ara. Ti va di offrirci la tua riflessione sul tema? "Non ci fa piacere la contestazione ma è capibile dopo aver perso l'ultima gara in casa, ci tenevamo. I tifosi hanno tutto il diritto di fischiare a maggior ragione visto che lo hanno fatto solo alla fine dopo non averci fatto mancare il loro sostegno per tutta la gara. Dal prossimo anno però tocca a noi cambiare tutto". Donadoni quante responsabilità ha in tutto questo? "La squadra è con il mister, siamo noi ad andare in campo e dobbiamo prenderci la nostra responsabilità. I tifosi magari se la prendono con Donadoni per qualche frase interpretata male, ma il mister non ha tutte le colpe che gli danno". Ti rivedremo ancora qui il prossimo anno? "Non si può mai sapere nulla sul mercato però avendo firmato per quattro anni ho voglia di trovare stabilità come quella che avevo al Genoa".
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