Dall'esaltazione collettiva per l'acquisto di Destro all'addio di Verdi in diretta tv: ecco come si è spento il sogno del nuovo Bologna in meno di tre anni

- di Marco Vigarani -

Era il 18 agosto 2015 e circa cinquecento bolognesi sceglievano di abbandonare luoghi di villeggiatura o case rinfrescate dai condizionatori per riversarsi in stazione per andare ad accogliere il simbolo di un futuro migliore.Quando Mattia Destro decise di accettare la lunga corte del Bologna sembrava davvero che qualcosa fosse cambiato per sempre. Non solo la squadra aveva riconquistato immediatamente la promozione ma soprattutto la nuova società aveva messo alle spalle le drammatiche gestioni precedenti ed esibiva una forza economica tale da poter acquistare uno dei maggiori talenti del calcio italiano convincendolo a lasciare la Roma. Magari ingenuamente, quelle centinaia di tifosi vedevano davanti ai propri occhi un futuro roseo ed il ritorno ai fasti del passato ormai remoto. Sono passati meno di tre anni e tale inseguimento non è praticamente neanche iniziato. Il Bologna non ha quasi mai rischiato la retrocessione ma è comunque rimasto bloccato in un anonimato stagnante, la luce di quella stella accolta in trionfo si è rivelata poco più luminosa di un fiammifero e quella proprietà apparentemente in grado di fare la guerra al mondo intero non ha mai nemmeno tentato una sortita fugace nel gioco dei grandi.La seconda data simbolica utile a tracciare questo amaro bilancio è il 4 giugno 2018 quando rompendo gli schemi della comunicazione classica Simone Verdi, fresco di esordio da titolare in Nazionale, ha annunciato il proprio trasferimento al Napoli in diretta tv. Quello che tutti temevano è accaduto con sei mesi di ritardo con sommo dispiacere di una città che perderà così la sua vera ed unica stella. Al termine del primo teorico progetto triennale quindi il Bologna chiude il cerchio inserendo la retromarcia. Nell'arco di 1021 giorni esatti si è passati dall'esaltazione collettiva ad un addio doloroso ma percepito come necessario nonostante una situazione economico-finanziaria solida se non addirittura invidiabile. Ora non spaventa solo lo stallo nella progettualità tecnica ma qualcuno inizia giustamente a tremare anche per il pesante depauperamento di una rosa che ha perso un uomo da 10 gol e 10 assist su 40 marcature stagionali di squadra.La grande differenza però risiede nel carico di entusiasmo che in questi tre anni scarsi si è disperso lungo la strada. Nel 2015 il popolo rossoblù veniva dall'emozione del ritorno in Serie A guidato dal carisma di uno straordinario condottiero come Joe Tacopina, oggi invece quel fuoco si è spento ed il tifoso si sente troppo spesso trattato come un cliente con pochi diritti. Non bastano i milioni investiti e potenziali di Saputo o le capacità imprenditoriali di Fenucci a scaldare l'animo, non è sufficiente un database di qualità per scandagliare il mercato come quello di Bigon ed anche Di Vaio che in quel 2015 si sporcava quotidianamente le mani in campo per aiutare la squadra dando l'esempio oggi vede affievolita quella luce da leader sempre avuta con il numero 9 sulle spalle. Paradossalmente l'unica svolta all'orizzonte riconduce all'ex presidente italoamericano e a quel Venezia affidato sul campo a Filippo Inzaghi ma animato da quella fiamma che a Bologna 1021 giorni fa ardeva nel petto di tutti e che oggi purtroppo è diventata poco più di una brace.
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