Le cifre di Bologna-Milan testimoniano una prova all'altezza dei rossoblù che però non hanno avuto nulla nei 99' giocati in totale da Nagy ed Avenatti

- di Marco Vigarani -

Leggere soltanto le statistiche senza conoscere il risultato finale della sfida di ieri pomeriggio porterebbe a pensare che Bologna e Milan abbiano pareggiato. Le forze in campo si sono sostanzialmente equivalse nell'arco dei 90' e per alcune voci si può rilevare anche una prevalenza degli emiliani: possesso palla (58%), km percorsi (113.6 contro 107.7), tiri totali (10 a 9), corner (7 a 1) e azioni costruite (35 a 32 tra manovrate e lanci lunghi). Detto che i rossoneri di mister Gattuso hanno trovato più spesso la porta (8 tiri nello specchio contro 7) e collezionato più occasioni nitide da gol (8 a 6), va però sottolineato anche un aspetto insolito nella prestazione del Bologna che ha passato la metà del proprio possesso palla nella metà campo avversaria (quasi 14') tenendo un baricentro medio piuttosto alto per le abitudini consuete (quasi sui 51 metri di campo). Il rovescio della medaglia? La scarsa compattezza dei reparti che si sono allungati fino ad una lunghezza media di 31 metri: il dato peggiore della stagione.Una delle note più positive per mister Donadoni arriva dalla prestazione di Ibrahima Mbaye che non solo è stato attento in difesa (4 recuperi) ma si è impegnato anche in fase di spinta collezionando anche un tiro in porta su colpo di testa a coronamento della quinta miglior prestazione atletica complessiva (11.44 km). Come preventivabile, il migliore in tale specialità è risultato Erick Pulgar con 12,26 km complessivi ma il cileno non ha assolutamente convinto finendo per essere il peggiore dei suoi nel conto delle palle perse (6) insieme a Simone Verdi, autore di un'altra prova di scarso impatto e personalità conclusa con la miseria di 2 tiri in porta non classificabili nemmeno tra le occasioni da rete. Il secondo gol di Sebastien De Maio ne salva in parte la prova nonostante i tanti errori condivisi con i compagni di reparto ma alla fine il premio per il fantasma in campo va diviso tra Adam Nagy e Felipe Avenatti: ci si è accorti della loro presenza soltanto al momento dell'avvicendamento tra campo e panchina.
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