L'obiettivo del Bologna di Saputo è diventato fare un punto in più di Guaraldi. Forse, tra 5 o 10 anni, un miracolo ci porterà alle soglie dell’Europa!
Nel nuovo Director’s Cut, l’attenzione è focalizzata sull'intervista di Saputo e sui prossimi obiettivi del Bologna che non collimano con l'Europa
Facile, ristrutturare. Con quegli occhi pieni di Joey, il camino acceso, memorabilia rossoblu sapientemente in scansia e il rassicurante sorriso di chi ha la pilla in tasca e vede il mondo da una prospettiva positiva (vorrei ben vedere!). E' stata una settimana - chiusasi con la performance "in vitro" di Joey Saputo from Montreal, better speaking in English than in Italian, probably forgotten - abbastanza scoppiettante per la Bologna sportiva. Sono cambiati tre allenatori (uno in via definitiva e due volte, in via provvisoria, un altro) e un quarto tecnico ha chiesto per la centesima volta un attaccante (una roba che i laudatores temporis praesentis, per dirla con un Orazio riadattato, casualmente dimenticano. Troppo impegnati ad ascoltare e approvare incondizionatamente "litanie" ben confezionate).
Su quest'ultimo punto credo che sia chiara una cosa, mettendo per una volta da parte il gigantesco alibi del Covid che frena tutto, dalle pratiche sessuali - suona brutto dire "non ne ho voglia" oppure "non ce la faccio", meglio dare colpa delle disfunzioni alla pandemia, che non può replicare - all'acquisto del centravanti. In tempi contemporanei il coach allena chi c'è, quindi si fa andar bene Adams, Fletcher e Santander. Dipende poi sempre dagli obiettivi: se vuoi vincere in Europa, ti comprano Belinelli (salvo lasciarlo sbalordito spettatore di uno psicodramma originato da una sua banale contrattura. Bastava dirlo al padrone...). Se vuoi salvarti, forse portano a casa Baldasso. Se galleggi nel mezzo del nulla, che giochi Medel terzino, Tomiyasu prenda sempre gol dai più "infisicati" o Palacio, 39 anni, venga iper utilizzato, a proposito di progetto giovani, non importa. L'obiettivo è diventato fare un punto più di Guaraldi, 52 vs. 51. Il quale ora sorride del confronto, mangia crescentine con l'affettato ai Gessi senza timore di ungersi - al massimo usa il Viavà - e sogna una riabilitazione postuma in un luogo diverso da Bologna. Gli ero nemico un tempo, non gli sono, oggi, amico - un termine troppo impegnativo per una conoscenza, tutto sommato, superficiale - ma lui sa che il suo tempo nel calcio è passato (troppi cattivi consiglieri e troppe cose lasciate a metà). Eppure ci ha portato Ramirez, Diamanti e Gilardino, sennò le classifiche non si scalano.
Cosa mi aspettavo dagli 11 minuti di Saputo? Esattamente quello che è venuto fuori. Sobrio, rassicurante, in un set da rifugio a Cortina appena terminata una discesa dalle Tofane, con l'occhio strizzato ai tifosi (totalmente infedele la ricostruzione che li vuole tutti allineati e coperti) e la solita sorridente bacchettata ai cronisti brutti e cattivi (che provoca fremiti di entusiasmo ai fedelissimi), il Chairman ripete le ricette che hanno reso il lustro abbondante del suo regno su Casteldebole rassicurante e al tempo stesso insapore come un filetto di platessa. Noi sappiamo che lui, "extremely satisfied", copre le perdite generate dalla sua gestione (un atto di serietà, non di eroismo) e che, forse, tra 5-10 o più anni, un miracolo ci porterà a stare stabilmente dove albergano in sicurezza corazzate tipo Atalanta, Sassuolo, perfino il Verona sorretto dalle sciarpine multicolori di Setti rese celebri dal "modello" tv Marco Scapoli.
Molti passaggi del suo eloquio erano imprevedibili come la vernice che si asciuga sui muri. Altri non scontati. Da decrittare l'elogio - sincero - a Merola, giacché Saputo ha pessime esperienze nel rapporto con l'amministrazione di Montreal e i suoi mayors. E, sempre sullo stadio, c'è un passaggio della seconda intervista (quella, più fluida, concessa a Sky) che un minimo preoccupa: "se entro i prossimi sei mesi troveremo uno stadio provvisorio nel quale giocare, il passo successivo sarà l’inizio del progetto di ristrutturazione nel 2022".
A leggere alla lettera può voler dire che se non trovano la location, o i partner - giacché è poi lì il problema - l'operazione non parte. Sarebbe brutto, il restyling del Dall'Ara ha spunti molto interessanti e davvero futuribili.
Troppa normalità dopo i fuochi d'artificio virtussinfortitudini? Non si può dire. Diciamo modi diversi di intendere lo sport. Perché tre luoghi comuni mi mandano letteralmente fuori dai gangheri. Uno che nel basket è facile. Come no, provate voi a fare gli imprenditori in una disciplina in cui i ritorni sono zero. Due che i tifosi vogliono la Champions. Tra i 78 punti della Lazio, quarta nella scorsa stagione, e i 47 del Bologna, dodicesimo, ce ne sono 31. Corrispondenti a 15 vittorie in luogo di 15 pareggi e 1 pari invece di 1 sconfitta. Facile ristrutturare, cominciamo almeno con il bagno, 10 punti in più vorrebbero forse dire tre "grandi" rullate, si vive anche di soddisfazioni, mica solo di plusvalenze. La terza è "datemi una alternativa". Ma perché, quando si è palesato Saputo ci aveva mandato un fax qualche mese prima? Che discorsi sono?
Alla fine possiamo seriamente dire che questo gruppo, proprietà e dirigenza, è veramente coeso e bravissimo. Hanno compreso cosa vuole davvero questa piazza e glielo danno. Dosando con maestria realtà e "cinema". Noi poi abbiamo tanto conformismo ma anche inusitate vette di creatività. C'é perfino il caso di un giovane collega, dalla scrittura talentuosa, che comunica con linea "sovranista" per il sito ufficiale (cioè, sarebbe ufficioso, ma giustamente dispensano tanto Fire and Desire) per poi sposare un atteggiamento "calendiano" in un resoconto per il quotidiano con cui collabora. Un caso di "doppiezza" ideologica che è una delle tante perle della Bologna che sguazza attorno al Bologna. Siamo ufficialmente un esperimento social-culturale. We are more than One, We are Many. And sparpagliated, avrebbe detto Pappagone.