Caressa duro: "Fischiare Donnarumma ci stava". E Zazzaroni risponde: "È una ca**ata"
Lungo siparietto a Radio Deejay tra il direttore del Corriere dello Sport e il telecronista di Sky
Duro confronto tra Fabio Caressa e Ivan Zazzaroni su un tema caldo di questi ultimi giorni, ovvero quello dei fischi di San Siro a Gigio Donnarumma. Diversi personaggi si sono schierati contro la scelta di accogliere male il portiere della Nazionale da parte dei tifosi rossoneri presenti allo stadio, mentre altri hanno invece considerato accettabili tali atteggiamenti.
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Ecco l'argomentazione di Caressa in merito alla vicenda: “I fischi all'inno spagnolo sono una vergogna così come il razzismo di Firenze, i fischi al calciatore che se n'è andato li trovo meno scandalosi. Io tifoso del Milan, ho pagato 80 euro per il biglietto e il diritto di fischiare Donnarumma ce lo devo avere. Posso fischiare alla Scala se il tenore non mi piace, c'è il diritto di rappresentare il proprio dissenso. Seedorf al Milan lo fischiavano quando aveva la maglia del Milan, non potevano farlo? C'è il diritto di fare ciò che si vuole, nei limiti ovviamente. Raiola pensa ai soldi e quindi non gliene frega niente del resto. Se sei rappresentato da Raiola, ottieni di essere ricco ma non so se felice".
Zazzaroni, invece, non è d'accordo: “Non sono d'accordo, è tutto decontestualizzato. Tu non fischi un tuo giocatore, fischi un avversario. L'hai applaudito a luglio, quando hai vinto, è una vergogna fischiarlo. Ma perché il tifoso del Milan si deve sentire tradito? 4 anni fa Donnarumma rifiutò 12 mln dal PSG per rimanere al Milan, poi ha fatto altri ragionamenti. Fischiare Donnarumma non è un dramma, è una cazzata. Rappresenta la Nazionale. E i fischi non è solo dei milanisti, perché erano tanti in curva. Bella figura che abbiamo fatto, dovevano aspettare PSG-Milan a fischiarlo. Donnarumma ha fatto una scelta di andarsene, ora fischieranno Kessié, poi Vlahovic e altri, il calcio è cambiato. I milanisti sono incazzati perché è andato via a zero, ecco perché. Raiola fa il suo lavoro finché ci sono i presidenti che pagano lui e tutti gli altri”.