Se esiste un posto del cuopre, il mio è lo stadio Olimpico nel giorno della Cerimonia di Apertura dei Giochi. Non ero e non sono a Tokyo, ma ho pianto lo stesso come un bimbo che si è perso e finalmente ha ritriovato la strada di casa. E'stata una cerimonia lunga, ma neanche troppo troppo; è stata una cerimonia sovria, ma non per questo meno significativa. Qui il mio riassunto.

1 Tutti con la mascherina ( tranne Naomi Osaka )

Vedere sfilare tutta quella gente, il mondo, con la mascherina indosso mi ha suggerito due pensieri. Il primo lo avevo avuto in realtà già l'anno scorso, al tempo del primo lock down: era evidente che la mascherina sarebbe diventata un modo di comunicare, che sarebbe stata utilizzata magari al posto del biglietto in un concerto ( perchè ancora non si parlava di Green Pass ). Il secondo è molto più olimpico. Lo sport ha una visione del mondo che è riassunta nei cinque cerchi che rappresentano, intrecciati, i cinque continenti. Il significato è facile da capire: nessuno sta in piedi da solo. Vedere tutti, TUTTI!, con la mascherina è stato un messaggio ben più potente di quello di Draghi di ieri: la regola del gioco ha ricordato Tokyo è proteggere se stessi e proteggere gli altri. Non si può giuocare una partita da soli. Dunque è una questione di rispetto delle regole del gioco, e degli altri, mettersi la maschjerina, e comportarsi in un certo modo. Si offenderanno i no Vax per questa interpretazione: pazienza. A me piace giocare, dunque mi piace rispettare le regole del gioco. E giocare da solo non mi interessa. E adesso comincerò a collezionare le mascherine, anzi  mi aspetto di vederle tutte al Museo Olimpico.

2 Imagine è il vero inno olimpico

Che le Olimpiadi sono vive lo ha dimostrato l'aggiornamento del motto olimpico Citius, Altius, Fortius. Puntando ancora siul latmino, il Cio ha sbagliato, e non poco, il termine per indicare il senso di comunità che lo sport rappresenta oggi. Così sul prato dell'Olimpico di Tokyo sono poi comparse quattro parole in inglese: stronger, foster, higher, e together. We play together, noi giochiamo insieme. Poi, per l'ennesima volta in una cerimonia d'apertura, è stata eseguita Imagine, perchè quelle parole, già belle, sentite insieme, together, sono proprio speciali. You may say I'm a dreamer, but I'm not the only one. Ecco a cosa servono le Olimpiadi: a non farci sentire soli. United in diversity, uniti nella diversità.

3 Le parole di Julio Velasco

Non ha parlato molto Julio, quando lo ha fatto però ha sempre fatto centro. Quando ha raccontato quanti sono i nuovi italiami, i-ta-lia-ni, in tante discipline. E, soprattutto, quando ha commemtato certi passaggi della cerimonia: "Non è b uonismo - ha detto - è un invito a migliorarsi ". Quindi sul podio della commozione anche Agnes Keleti e Paola Egonu, elegantissima, quando ha portato la bandiera olimpica rappresentando prima ancora che il suo sport la sua storia.

4 La sfilata

Il Turkmenistan non sa che il verde sarà bandito per esigenze tv nel campionato di calcio, Haiti aveva dei costumi bellissimi, il Bermuda per riuspettare la sua identità ha un po'esagerato perchè i bermuda rosa sembravano altro ( mutande, cit. Velasco ). Menzione d'onore, a loro piace, alla Francia: sopra la divisa, Lacoste, tanti avevano un camice da medico a dire che la conviovazione ai Giochi la meritavano e la meritano tanti rimasti a casa per curare gli altri. Poi, un tuffo al cuore: l'immagine di piazza del Duomo in pieno lock down. E a scacciare la malinconia il pianeta realizzato sopra lo stadio a proteggere il mondo di sotto, quello dello sport. Che poi, riassunto dai pittogrammi, nati proprio a Tokyo, a dimostrazione che lo sport è pure un linguaggio, è anche divertente. A domani

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