George Weah ex attaccante del Milan, oggi presidente della Liberia, alla Gazzetta ha parlato del problema Covid in Africa, del figlio e di Paolo Maldini George Weah è molto preoccupato. Lo è da capo di stato, come padre e da amico. Il coronavirus è al momento il pensiero predominante del presidente della Liberia, soprattutto per l’effetto devastante che potrebbe avere sul suo Paese e sull’Africa tutta. E poi, lontani, ci sono parenti e amici: il figlio Timothy in quarantena a Lilla, in Francia. O l’ex compagno e amico Paolo Maldini a Milano, positivo col figlio Daniel. L'ex attaccante di Monaco, Psg e Milan, attraverso le pagine della Gazzetta dello Sport, ha parlato di tutto ciò: "Al momento qui abbiamo solo tre casi e ancora prima che fosse trovato il primo positivo eravamo partiti con le misure preventive, soprattutto in tema di controlli all’aeroporto. Il primo caso l’abbiamo scoperto qualche giorno fa e stiamo cercando in tutti i modi di confinare il contagio. Il virus è arrivato da fuori (un funzionario liberiano che tornava da una missione a Bruxelles, ndr)e abbiamo rintracciato tutte le persone che sono state in contatto con lui. Alla Sanità stanno facendo un grande sforzo, e da parte del governo c’è stata una reazione immediata: la popolazione avvisata, i servizi evangelici ridotti, l’imposizione di una distanza di sicurezza di un metro nelle aree di aggregazione sociale, la capienza dei ristoranti ridotta per aumentare la distanza tra i clienti. E stiamo insistendo tantissimo nei messaggi alla nazione sull’importanza dell’igiene, in primis del lavaggio frequente delle mani. Sul fronte internazionale abbiamo chiuso l’ingresso a chi arriva da nazioni che hanno più di 200 casi di coronavirus. Stiamo collaborando con le organizzazioni mondiali in tema di sanità e siamo molto attenti a tutto ciò che viene fatto in giro per il mondo per combattere il coronavirus: questa è una pandemia ed è tristissimo vedere così tanta gente uccisa da questa malattia. È un tema molto complicato, è un virus duro, difficile da combattere e per questo stiamo facendo un grandissimo sforzo per tenerlo lontano dalla Liberia. L’ebola in Liberia uccise oltre 4.000 persone. Che lezione potete trarre da quell’esperienza? Siete preoccupati che l’epidemia possa ripetersi? Sono preoccupato, sì. Per vari motivi. Perché i paesi che allora vennero in aiuto della Liberia, della Guinea e della Sierra Leone, le nazioni più colpite dall’ebola, ora sono loro stesse a essere in difficoltà. E perché il virus dell’ebola era conosciuto, mentre questo non lo è. Allora si sapeva cosa si doveva combattere, ora no. Questo è il pericolo. E la cosa fa paura. Sappiamo come si prende il coronavirus, ma non come si cura. Possiamo solo dire alla gente di lavarsi le mani e di non toccarsi la faccia, nulla di più. Possiamo dire alla gente di essere disciplinata, partecipe, attenta, unita nella lotta e rispettosa delle regole, però non sappiamo che cosa stiamo combattendo. Ha parlato con Paolo Maldini? Ancora no. L’ho saputo ieri, ho visto le loro foto e le ho condivise. Sono molto triste. Il mio pensiero e il mio affetto più sincero vanno a lui e tutte le famiglie delle tante persone colpite dal virus o che hanno perso persone care. Spero che Paolo e Daniel possano curarsi rapidamente. Sono tante le squadre di calcio che hanno problemi, ma questo è un aspetto marginale: la grande preoccupazione per me è legata al fatto che nessuno sa che cosa stiamo affrontando. Il calcio da voi è aperto? La federazione ha chiuso tutto fino a data da destinarsi. Saranno le autorità mediche a stabilire quando si potrà tornare a giocare. E gli altri sport? Avrete atleti che dovrebbero andare all’Olimpiade. Sì, ed è tutto in dubbio. Stiamo limitando i viaggi dei cittadini. L’Olimpiade è importante perché porta gioia e fratellanza in ogni comunità, però la vita è la cosa più importante di tutte: spero sia rimandata. Quando avremo risolto questo problema, che coinvolge tutto il mondo, potremmo affrontare il discorso dell’Olimpiade. Mi auguro che il Cio rifletta bene e prenda la decisione migliore. Altri amici o familiari colpiti? Finora no. Soltanto Paolo. Mio figlio è in Francia in quarantena ed è la cosa migliore che possa fare. Ma quello che sta succedendo in Italia mi sta colpendo profondamente, vedere tutte quelle persone che muoiono giorno dopo giorno è una cosa che m’intristisce tanto. Qui siamo tutti religiosi e prego per il bene del vostro Paese, siete sempre nel mio cuore". Fonte Gazzetta dello Sport  
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