ESCLUSIVA IPG - Adani: “Vi spiego il significato della Bobo TV. Allegri? Metodi inadeguati"
Il Pallone Gonfiato ha intervistato l’ex calciatore di Fiorentina e Inter in esclusiva
Competenza, professionalità e coerenza sono certamente tre parole che possono descrivere Daniele Adani. L’ex calciatore di Inter e Fiorentina, si è reso protagonista di una brillante carriera sportiva: la vittoria a Wembley contro l’Arsenal, quando Lele militava nella Fiorentina di Trapattoni in Champions League - arrivata con un gol di Batistuta all’Arsenal di Wenger - e la grande soddisfazione dell’esordio in Nazionale nel 2000, sono senza dubbio imprese epiche che hanno costellato la sua storia da calciatore. Storia che è proseguita brillantemente anche nelle vesti di opinionista sportivo in tv e sul web. Il Pallone Gonfiato ha avuto il piacere di intervistare il volto noto di RaiSport e della BoboTV in esclusiva. Intervista a cura e realizzata da Francesco Rossi.
Le riflessioni di Adani sulla sua carriera e la Serie A attuale
Parliamo della tua carriera da calciatore: se tu dovessi scegliere il momento migliore e quello peggiore della tua storia da giocatore, quale sceglieresti?
“I miei momenti migliori durante la mia carriera calcistica sono stati tanti. Onestamente non ne scelgo uno, ma scelgo un momento quando ero alla Fiorentina e dopo un anno che ero lì, fui convocato in Nazionale. Dunque credo che nell’agosto del 2000, la convocazione in Nazionale è stata il coronamento della mia carriera. Per quanto riguarda il mio momento peggiore, penso che sia stato il mio ritorno a Brescia, soprattutto per le delusioni umane: per tornare a Brescia in un posto dove ero diventato grande come uomo e come giocatore, rinunciai allo Shakhtar di Mircea Lucescu, al Benfica di Giovanni Trapattoni, al Bologna di Carlo Mazzone. Avevo scelto il Brescia per un senso di riconoscenza e lì diventai il capro espiatorio di tutti. Ogni tentativo di fare del bene dentro e fuori dal campo, diciamo che era sempre il pretesto di individuare un capro espiatorio. Una scelta di cuore che rifarei 100 volte, si è dimostrata una scelta che mi ha ferito, la quale ha provocato anche delle crepe che sono per certi versi irreparabili”
Tema campionato: secondo te la Juventus è stata presuntuosa nell’esonerare Allegri dopo anni di successi, oppure è stato più presuntuoso Allegri nel tornare a Torino cercando di vincere con lo stesso stile di un tempo, senza evolversi?
“Secondo me non è una questione di presunzione della società o dell’allenatore, semplicemente non c’è stata una evoluzione. Il calcio va avanti come il mondo, e secondo me il metodo, il pensiero, la comunicazione, le strategie tecniche e metodologiche dell’allenatore non sono più adeguate, come sta dimostrando ampiamente il campo, al calcio attuale. Soprattutto non si riescono a valutare in maniera corretta, oppure non si vogliono valutare in maniera corretta gli insuccessi o i fallimenti. Si cerca sempre una strada per riparare oggi senza costruire domani. Il mondo va verso una direzione e il fatto che non ci sia una apertura mentale per seguirla e per adeguarsi ai tempi che cambiano, denota secondo me una inadeguatezza dell’allenatore nel rispetto del mestiere oggi”
Durante questa stagione, prima dell’infortunio abbiamo visto un Bonucci in grandissima difficoltà. Pensi che queste prestazioni siano dovute alla mancanza di Chiellini e che Bremer non sia il compagno di reparto ideale per lui, oppure c’è un’altra motivazione?
“Io credo che non sia questione del valore dei giocatori, perché la Juventus ha dei giocatori tra i più forti in ogni reparto. Bremer è stato il difensore più forte della Serie A, Chiellini ha dato tantissimo alla Juventus ma ha fatto il suo tempo e credo che sia stato rimpiazzato con il miglior prospetto sul mercato. La Juventus vanta nazionali brasiliani, vanta giovani forti. È una squadra che secondo me, al di là della fase difensiva, non lavora nelle due fasi in armonia, in maniera collettiva e quindi poi è difficile valutare un colpevole. Secondo me è un lavoro che è precario, non adeguato, dunque l’attacco costruisce in maniera singola e improvvisata e la difesa o si copre con tutti gli effettivi, quindi rinuncia a un calcio che invece sarebbe richiesto per un tale valore della rosa, oppure secondo me non è abbastanza organizzata ma non per colpa dei difensori ma per colpa di una precarietà organizzativa nel quotidiano”
A Napoli si parla molto della maturazione di Osimhen dentro e fuori dal campo. Secondo te cosa ha influito nella testa di questo giocatore?
“Secondo me, la necessità nel calcio d’oggi è che un calciatore non sappia fare solo delle cose. Osimhen era già fortissimo in conclusione e nello smarcamento in area di rigore, ma doveva imparare ad associarsi con i compagni, doveva imparare ad aprire i movimenti per quest’ultimi, doveva imparare a lavorare senza palla e a lavorare in sinergia con i compagni di reparto e con i compagni di altri reparti. Su questo la differenza l’ha fatta Spalletti, che ha implementato dentro Osimhen le conoscenze del gioco”
Durante il post gara della Supercoppa Italiana, Calhanoglu ha rilasciato alcune dichiarazioni al veleno nei confronti dei calciatori del Milan per via dei festeggiamenti di quest’ultimi durante la festa Scudetto lo scorso anno. Tu cosa ne pensi di questa vicenda? I calciatori dovrebbero contenersi in certi atteggiamenti post-gara?
“Penso che siano cose dette a caldo, derivanti da rapporti passati che come tutti noi nella nostra vita viviamo, e ognuno cerca di fare il suo gioco. Io credo che non si debba mai eccedere nella maleducazione né nella esagerazione, ma finché rimane un rivendicare un passaggio nella nuova squadra e soprattutto cercando di non dimenticare quello che è stato un rapporto precedente, se si rimane in termini comunicativi penso che ciò faccia parte del nostro mondo. Un mondo molto passionale e sicuramente eccessivo, però l’Italia è un paese calciofilo e di calciofili che spesso vive di pancia i momenti caldi, senza però eccedere nella maleducazione e nella mancanza di rispetto”
Il significato della Bobo TV e la mancata evoluzione del calcio italiano
La Bobo TV è ormai una realtà consolidata e di successo. Cosa ha la Bobo TV in più degli altri programmi calcistici giornalistici?
“La BoboTV secondo me ha tanto in più rispetto ad altri programmi. Ha la libertà, ha il tempo, ha il rispetto che cerca sempre di dare al di là dei consensi. Possiede secondo me la massima trasparenza e ha il coinvolgimento degli utenti: le persone possono interagire con noi sia quando si trovano nel privato e sia quando nel web e nel digitale. Ha una visione molto più approfondita e veritiera sia del nostro trascorso che del momento attuale del calcio, dei calciatori e dei protagonisti. Secondo me, in maniera naturale e pur avendo caratteristiche diverse, siamo totalmente focalizzati su una cosa, non sentiamo il bisogno di autori, non sentiamo il bisogno di chi ci mette su una strada, perché sappiamo benissimo qual è la nostra strada che è la totale estensione a tutte le persone circa la verità del calcio. La verità del calcio non vuol dire avere opinioni differenti, ma è il totale trasferimento del mondo del calcio alle persone. Dato che tutte le persone vogliono calcio, perché l’Italia è un paese che trasuda calcio, se tu glielo dai per la sua completezza, la gente lo riceve e ti restituisce amore. Comunque ti restituisce interesse, ed è secondo me la cosa più importante della nostra comunicazione: l’interesse che suscitiamo negli altri”
Le tue analisi dal punto di vista tecnico tattico sono molto dettagliate e denotano la tua grande passione per il calcio. Oltre all’esperienza in campo, cosa manca ai giornalisti sportivi per arrivare a vedere il calcio come lo vedi tu? Qual è il percorso che un giornalista sportivo dovrebbe intraprendere per capire meglio le dinamiche del calcio dal punto di vista tattico?
“Innanzitutto il giornalista dovrebbe ascoltare chi parla con mente e con il cuore, non solo chi parla con la voce. Poi dovrebbe ascoltare chi spesso non segue il gregge, ma chi cerca attraverso percorsi fatti di approfondimenti, di ricerca, di informazioni, di apertura mentale nell’abbandonarsi in maniera totale nel mondo del calcio in una strada che lo possa arricchire. Ecco, il giornalista dovrebbe far questo, non dovrebbe trovare una strada facile per avere una carica ma dovrebbe avere la mente e il cuore aperto, ma soprattutto un senso di altruismo per la gente, così da poter ampliare le proprie conoscenze. Dopo, dovrebbe sempre pensare di stare un passo indietro per cercare di far valere la verità dei protagonisti, delle storie, delle squadre, del campo, senza cercare di mettersi sopra per tentare di ottenere un secondo fine, così per avere un ruolo. La chiave di un giornalista serio, che è un mestiere che si vede sempre meno, è quella di fare un passo indietro e dedicarsi totalmente a una informazione che sia rispettosa di tutti”
Pensi che in Italia si ottengano risultati deludenti a livello di coppe europee per via di una mancata evoluzione delle metodologie di allenamento e tecnico/tattiche? Dove dovrebbe migliorare la scuola di Coverciano e cosa potrebbe proporre di innovativo?
“Si dovrebbe migliorare in tutti gli aspetti come comunicazione, formazione, nella ricerca, nell’assunzione anche di professionisti a livello di settore giovanile, specializzati alla crescita e al lavoro, facendo maturare i ragazzi a seconda dell’età che ricoprono. Ci deve essere l’educatore, l’allenatore di base, ci deve essere il formatore. Per ogni età, devono essere presenti dei professionisti, ai quali deve essere riconosciuto il lavoro e la dignità del lavoro, così che possano concentrarsi sulla formazione del ragazzo e sulla crescita. Deve essere presente più onestà e trasparenza nelle società, in modo che anche se tu fai un passo indietro, anche se non sei più il secondo campionato e neanche il terzo di riferimento, però la prima cosa che c’è da fare è avere onestà anche a livello di bilanci, in modo da avere i conti sani così da poterli incrociare con dei calciatori bravi. Si può fare formazione di giocatori bravi e ricerca di giocatori bravi. Si deve fare formazione e ricerca. Se sommiamo le due cose, sei competitivo e soprattutto lo fai con i conti sani, allora sì che c’è trasparenza e onestà. Il calcio è una delle industrie che diciamo che producono di più nel paese, così facendo tornerebbe a essere un paese sano dove poter lavorare, formare e dove poter tornare a far appassionare ancora di più la tanta gente che ne ha bisogno. Il calcio rimane lo sport più popolare del mondo e l’Italia è un paese che non ne fa a meno”
Ultima domanda sul calcio latino americano: cosa ne pensi del talento brasiliano Endrick e perché un grande giocatore come Ortega non è riuscito a incidere in Italia?
“Endrick è un grandissimo giocatore, ma di giocatori brasiliani ne cresce uno al giorno che potenzialmente può andare in Nazionale. In Brasile ogni giorno cresce un giocatore, nasce un calciatore che può entrare nella Nazionale brasiliana. Endrick è l’ultimo, acquistato a tanto perché vale tanto già, ma l’ultimo Sud Americano U20 ci sta dicendo che ci sono giocatori meravigliosi, soprattutto nel Brasile. Ortega è un talento, ma come spesso si dice il talento non basta. Da un punto di vista dell’espressione del talento, Ortega aveva pochi giocatori più forti di lui, ma è stato discontinuo e magari non sempre concentrato sulla vita da professionista. Quindi, tornando ai giorni nostri, ciò riguarda tanti calciatori: forti e con doni di natura ricevuti per grazia di Dio, ma poi poco propensi a restituire con sacrificio. Come dice il più grande ballerino della storia che è Nureyev: ‘10% talento, 90% sacrificio’. Se tu non abbini al talento che ti è stato dato, il lavoro quotidiano, non riesci poi a restituire e compensare con le performance. Il problema di Ortega è forse stato questo”