Sacchi: "Pioli può tornare On Fire. Inter? Ha investito tanto senza vincere lo scudetto"
L’allenatore leggenda del club rossonero ha parlato degli obiettivi stagionali dei rossoneri e del lavoro di Stefano Pioli. Poi ha svelato un aneddoto su Berlusconi
Nell'edizione odierna de La Gazzetta dello Sport, Arrigo Sacchi ha rilasciato una lunga intervista analizzando il momento di forma del Milan. L’allenatore leggenda del club rossonero ha le idee chiare sul futuro: “Pioli può tornare On Fire”. E poi manda un manda un messaggio ai giocatori: “Vietato parlare di scudetto”. Ecco l'intervista completa.
Che cosa le sta piacendo del Milan attuale?
“Sto iniziando a vedere una squadra, che è la cosa più importante. Mi spiego: non ha ancora raggiunto il massimo, però finalmente i giocatori si aiutano, dimostrano di seguire l’allenatore, lottano, s’impegnano, non mollano mai”.
Un esempio?
“Se non hai valori morali importanti alla base del gruppo, non vinci partite come quella di Udine: in rimonta, all’ultimo minuto, dopo aver fatto una fatica tremenda. È stato un premio alla volontà. Meritatissimo per quello che si era visto in campo, soprattutto prima dell’episodio di razzismo contro Maignan. Ci sono tre fattori che determinano la forza di una squadra, non mi stancherò mai di dirlo”.
Quali sono questi fattori?
“La fortissima motivazione, l’elevato spirito di gruppo e il gioco. Mi pare che le prime due qualità, considerato come sta andando l’ultimo periodo, ci siano. Il gioco, invece, può ancora migliorare. Anche se siamo già a un discreto livello. Bisogna però acquisire una maggiore continuità di rendimento”.
Altri aspetti da correggere?
“Vorrei vedere il Milan stretto e corto: non più di trenta metri di lunghezza. In questo modo si sviluppano le sinergie tra i reparti, la collaborazione tra i giocatori, e poi si può fare pressing, che è il vero segreto del calcio moderno. Se sei corto, e se tutti sono vicini, ci si aiuta, si ruba il pallone agli avversari e si aumenta l’autostima facendo piombare gli altri nella depressione. In poche parole: l’obiettivo è diventare ottimisti, avere il dominio del gioco”.
Come giudica, finora, il lavoro di Pioli?
“Guardo la classifica: i rossoneri sono terzi, con un buon margine di vantaggio sulla quarta. Ciò significa che soltanto due squadre, l’Inter e la Juve, hanno fatto meglio. E non dimentichiamo che il Milan non è il club che ha speso di più sul mercato. L’Inter, ad esempio, ha investito maggiormente, nelle ultime tre stagioni, eppure, nonostante abbia vinto diversi trofei, non è mai arrivata allo scudetto. Pioli sta lavorando con un gruppo di ragazzi che provengono quasi tutti dall’estero: non è facile, serve pazienza. I miglioramenti che si notano adesso sono frutto degli insegnamenti dell’allenatore, su questo non ho alcun dubbio. Logico che, all’inizio della stagione, ci fosse un prezzo da pagare visti i tanti cambiamenti sul mercato. Non è semplice far capire le proprie idee a gente che arriva da un altro universo”.
Secondo lei, Pioli si è fatto capire?
“Visti i recenti risultati e, soprattutto, le prestazioni e l’impegni dei giocatori, direi proprio di sì. Stefano è un ottimo allenatore. Prima di arrivare al Milan era soprattutto un tattico, poi ha avuto un’evoluzione e adesso mi sembra che sia uno stratega. Ragiona sulla lunga distanza e non soltanto sul risultato di una singola partita. Vuole dare identità e stile alla squadra: queste sono le cose più difficili. L’ho detto prima: se continua così, non vedo motivi per cambiarlo a fine stagione”.
I tifosi hanno spesso manifestato la loro delusione.
“Verissimo, e quando fischiavano avevano ragione perché non si divertivano. Però nell’ultimo periodo Pioli ha dimostrato di avere in mano la squadra e la squadra ha dimostrato di voler seguire il suo allenatore. E difatti ci sono i risultati e non ci sono più i fischi. La gente non è mica stupida: se nota l’impegno, se capisce che i giocatori hanno dato l’anima, applaude e sostiene. E l’ambiente del Milan, che è un ambiente molto competente, sono sicuro che darà una mano in questa seconda parte di stagione”.
Per la riconferma di Pioli sarà decisivo il ruolo della società.
“La società è sempre fondamentale, e lo è ancora di più in un momento come questo. Quando arrivai al Milan, all’inizio ebbi qualche problema, perdemmo qualche partita. Berlusconi mi disse: ‘Ha bisogno del mio intervento?’. Gli risposi: ‘Sì’. Lui ci convocò tutti a Milanello, nel suo ufficio, e in trenta secondi sistemò la faccenda. ‘Io ho piena fiducia in Arrigo - disse - Chi di voi ce l’ha, resterà anche l’anno prossimo. Chi non ce l’ha, andrà via. Buon lavoro a tutti’. Chiaro no? Da allora in poi iniziammo la rimonta che avrebbe portato allo scudetto. La società viene prima della squadra e la squadra viene prima del singolo: queste sono regole basilari. Qui siamo di fronte a una società giovane, che sta dimostrando passione e, ne sono convinto, piano piano acquisirà maggiori competenze e maggiori esperienze. L’importante è che ci sia chiarezza. Nella testa dei dirigenti e in quella dell’allenatore”.
Che cosa dovrebbe fare ora Pioli?
“Insistere con le sue idee, che lo hanno portato a vincere quattro partite consecutive in campionato. Deve essere un martello, lavorare duro, non dare nulla per scontato. E se c’è qualcuno che non lo segue, dopo aver provato a convincerlo per una, due o tre volte, deve avere la forza di metterlo fuori. La regola più importante, l’ho sempre sostenuto, è il rispetto delle regole. Guai a concedere deroghe”.
A parte il campionato, c’è anche l’Europa League e il Milan può giocarsi la vittoria finale. Che ne pensa?
"L’Europa League è un trofeo molto prestigioso e i rossoneri hanno le carte in regola per arrivare fino in fondo. Devono credere nelle loro possibilità e nelle loro qualità: l’aspetto mentale è decisivo quando si vogliono raggiungere grandi obiettivi. E poi c’è sempre il campionato, dove il Milan ha il dovere di migliorarsi e di mostrare ancora quell’impegno e quella voglia di lottare che ho ammirato ultimamente".
Di scudetto è vietato parlare?
“Io, se fossi allenatore dei rossoneri, abolirei questa parola. Il traguardo dev’essere un altro: diventare squadra, essere compatti, uniti, moderni nel modo di stare sul campo. Poi, alla fine, come in tutte le cose della vita, si tireranno le somme. Ma credo che Inter e Juve abbiano un vantaggio notevole e dunque non sprecherei energie pensando allo scudetto. I giocatori devono tenere la testa bassa e correre, correre, correre”.
Un uomo che, in questo periodo, può fare la differenza?
“Non un uomo solo, perché nessuno vince le partite da solo. Ma tutti insieme, se diventano un collettivo, possono togliersi tante soddisfazioni”.
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