Io amo lo sport. Tutto. Mi piace la visione che lo sport ha del mondo: cinque cerchi, ovvero cinque continenti intrecciati, nessuno può fare da solo. E mi piace che ​​​​​​quei cinque cerchi rappresentino anche la visione che lo sport ha di se': non esistono discipline minori. L'unica cosa che mi infastidisce è una certa autoreferenzialità dello sport di cui non abbiamo neanche bisogno, tanti e tali sono gli esempi che possiamo dare.

L'attacco del Covid

Il 17 febbraio 2020 leggo che è stata annullata la Maratona di Tokyo e chiamo Danilo Di Tommaso, il numero 1 della comunicazione del Coni, in realtà un numero 1 assoluto, senza bisogno di categoria. Rischiamo per i Giochi ? Non dire cavolate, mi risponde lui. Io voglio bene allo sport, è una questione di famiglia e di tante famiglie. Normale che mi preoccupi, perchè mi sembra già, quello. un attacco allo sport, e non solo allo sport ovviamente. E purtroppo si capisce in fretta che la situazione è grave. Rompo le balle a tutti, è la mia disciplina d'adozione, Danilo se potesse ... Voglio far partire, subito, una campagna di crowdfunding perchè vedo che lo sport è a rischio, indifeso, ed è un attacco a cui non siamo preparati che ci toglierà spazio e, soprattutto, risorse.. E anche se lo sport è corazzato contro tutto, è anche normale che il mio appello non trovi ascolto. Una volta ho pure chiesto al segretario generale del Coni dell'epoca: perchè invece di faticare per farci dare i soldi dal governo, dichiarando la nostra dipendenza,non li raccogliamo noi, grazie al 5 x 1000, con una campagna informativa prima e formativa poi, al la fine magari raccogliamo pure più soldi, di sicuro dimostriamo qual è la nostra vera forza e facciamo vedere al Paese chi siamo meritando la nostra indipendenza ? Non ebbi risposta: per me, autoreferenzialità; per loro, con qualche ragione, un rompiballe da lasciar stare. Ma torniamo a febbraio dell'anno scorso: l'offensiva contro lo sport che non è solo quella del Covid, è quella di chi sta bloccando lo sport per calcolo politico, di chi ci impantana nella querelle tra Coni e Sport e salute, quando è proprio il momento che stavamo e stiamo vivendo, a cui ancora stiamo sopravvivendo, che ci dovrebbe impegnare tutti in una sola direzione, quella dello sport che è salute. Non congiunzione: affermazione. Siamo in una pandemia e lo sport è ridotto a una lotta di poltrone, tutto pur di fare un dispetto al presidente del Coni come se il presidente non fosse il rappresentante di tutti e di un interesse solo. Saltano i Giochi, saltano i nervi a tutti, la trincea diventano i campionati professionistici, quelli che riescono ad andare avanti, e lo vediamo oggi a quale prezzo, quando invece il primo pensioero dovrebbero essere i campionati minori, lo sport dei ragazzini e dei master, giovani e nuove età. lo sport quotidiano e non quello eccezionale, questa dovrebbe essere l'idea principale della resistenza. La Pellegrini è regina dello sport italiana perchè tanti nuotano, vanno in palestra: non è il contrario. Oppure, come dice Mourinho, chi sa solo di calcio, non sa niente di calcio, che può anche essere tradotto ccome salvare un solo calcio, i professionisti, non vuol dire salvare il calcio, Prima della riapertura di quest'anno, sempre con riserva, sempre senza che si sia capito fuori dallo sport cosa è successo allo sport, e cosa succede ogni giorno, con società che spariscono, con la gente che sta lontano dalle palestre, unica consolazione un certo boom, per reazione, delle discipline individuali e outdoor (adesso poi con quello che hanno combinato Jacobs e Tamberi chissà cosa succederà di bello ), il paradosso supremo: non si possono frequentare gli impiianti sportivi ma i negozi di settore sono aperti nel centro delle città. Le nostre vetrine a fianco di quelle di intimo, anche giustamente: ci si cambia le mutande tutti i giorni, come si dovrebbe poter e dover fare sport tutti i giorni. 

 

Le parole di Paolo Giordano

Nel mezzo di un'estate dispari che doveva essere pari, dedicata alla sequenza tra Europei e i Giochi Olimpici, finiti i primi come sappiamo, e non parlo semplicemente del risultato, ma di come la Nazionale ci è arrivata, indicando una strada possibile a tutti, il gioco di squadra come risorsa, un senso del bello che Mancini ha fatto diventare la missione della Nazionale, lo sport smette la sua autoreferenzialità. E'quello che succede sempre quando ci sono i Grandi Eventi. Il ct Mancini diventiamo noi, l'abbraccio Mancini-Vialli siamo noi, gli azzurri siamo noi. Resta il fatto che il Palazzo continua a non ascoltare le ragioni dello sport: ci invita al Quirinale e a Palazzo Chigi, dove oltre tutto il padrone di casa è uno sportivo, ex cestista, maratoneta adesso, ma non ci ascolta. Non possiamo ripartire, nemmeno dopo Wembley, nemmeno dopo aver dato l'esempio e, senza retorica, una speranza. Per me continua a essere un problema anche dello sport: se non ti ascoltano non può essere sempre e solo colpa degli altri.Poi, il 25 luglio, sul Corriere della Sera trovo, poco lontano dalla foto di Vito Dell'Aquila, prima medaglia d'oro a Tokyo, in una Olimpiade da sopravvissuti e da sopravvivenza, senza pubblico, con gli atleti controllati continuamente, leggo sul Corriere della Sera un commento di Paolo Giordano, che sul Covid ha sempre scritto, con Alessandro Baricco, le parole più intelligenti. In questa estate di apparente quiete pandemica si sta delineando l'ordine in cui vivremo a partire dall'autunno. Se fino a qui abbiamo sempre e solo risposto all'incalzare della pandemia, costretti a fare ciò che non poteva essere evitato, ora si tratta di abbandonare la frase restrittiva per passare a quella costruttiva. Che, si sa, è più difficile. Divieti, obblighi, raccomandazioni e pass faranno parte della nostra nuova quotidianità, in Italia e ovunque nel mondo. Le vie che ci si aprono davanti, e che si diramano tutte dalla disponibilità miracolosa di vaccini efficaci, sono in prima approssimazione tre: la massima libertà concessa ai singoli, l'obbligo vaccinale tout court ( per tutti o per determinate fasce di popolazione ), oppure una coercizione gentile, fatta di limiti sempre più stringenti che dovrebbe indurre quante più persone possibile a propendere, infine, per il vaccino. Dopo settimane di stasi, in cui siamo stati tentati un po'dalla baldanza inglese, un po'dalla imperiosità francese, le decisioni di giovedì sembrano confermare la propensione del governo per la terza strada, più soft, all'italiana

 

L'abbraccio di Gimbo e Marcell, la saggezza di Barshim

Poi arriva una domenica come quella di ieri. Anzi undici minuti, cronometrati da tutti perchè gli appuntamenti con la storia si riconoscono al volo. Gli amricani sanno dov'erano quando fu ucciso Kennedy, si dice sempre: noi d'ora in poi sapremo dove eravamo l'1 agosto 2021, nella festa nazionale dello sport Prima Tamberi, che si è portato il vecchio gesso in pista, vince per se'e per tutti noi l'oro nel salto in alto, e lo vince perchè, primo a pari merito con Barshim, decide di dividere con un amico, questo è prima di ogni altra cosa un avversario. il primo posto.Una cosa mai vista, una prima lezione su cosa è lo sport: non piegarsi sempre al risultato, piegarlo ogni tanto a una logica superiore, come dice Barshim arrivando, lui, alla postazione Rai, per spiegare che due è meglio di uno. Poi, Jacobs, in stato di grazia da mesi. C'è una partenza falsa in pista e l'unico che non si stacca dai blocchi è lui. Chissà se i suoi avversari hanno capito da questo particolare che aria tira, di sicuro lo capiscono 9 secondi e 80 dopo: Marcell è il più forte, lui davanti a tutti, tutti loro dietro a lui. E dopo il traguardo, dopo l'ennesimo record. c'è Gianmarco che lo aspetta: lo abbiamo fatto per davvero, si dicono, abbiamo vinto l'oro, ti rendi conto, ci rendiamo conto ? In realtà questi undici minuti sono un regalo, la giornata più bella nella storia dello sport italiano, lo dicono tutti, lo capiamo tutti. E non è nemmeno una cosa riservata a Gimbo e Marcell, siamo tutti rapiti dalla grande bellezza, Mancini manda un post scrivendo che loro due sono la storia, e lo scrive lui che l'ha cominciata questa storia.

 

La politica restringe, lo sport costruisce

Finisce la prima settimana dei Giochi e capisci che quelle due medaglia d'oro sono uniche, speciali, ma anche normali nell'essere collegate a come sono andate le Olimpiadi per l'ItaliaTeam, ad esempio con il risarcimento d'arhgento oggi a Vanessa Ferrari dopo quattro olimpoiadi di infortuni e di dispetti dei giudici. Una sola vera delusione, nel tiro, anche perchè è normale aspettarsi qualcosa di più dalla portabandiera. Poi, le donne, le donne che scrivono la storia, e le medaglie che arrivano da ogni parte. L'unico fastidio di vedere come scherma e ciclismo hanno gestito i risultati: senza la serenità elegante di altri sconfitti, senza la leggerezza dello sport, con modi quasi maleducati nel liquidare la pratica, senza troppo rispetto per le persone Ed è così che, alla fine, capisci la differenza tra sport e politica. Non è colpa della nostra autoreferenzialità, che oltre tutto stavolta sarebbe ed è pure giustificata. La differenza non è una questione di forza, è questione di grazia. E noi, lo sport, stiamo distribuendo grazia da due mesi: begli esempi, la convinzione che il Paese possa essere una grande squadra. Non dobbiamo spiegarci meglio, come pensavo io, sono loro che devono finalmente capire quello che siamo, a Tokyo, a Wembley, sempre. E non è retorica, non è buonismo: semplicemente, scelgo la grazia. Non è questione di ira, è questione di pace. La pace e la grazia di tutto lo sport riassunte in una domenica a Tokyo ma anche in palestra scolastica, in uno stadio di periferia. Siamo questo, lasciateci essere questi. Ecco il senso dell'impresa di Tamberi e di Jacobs e di quanti adesso, sollevati da tanto esempio, li imiteranno alle Olimpiadi prima e poi nella ripresa lungo "la terza strada, più soft, all'italiana"dello sport. Bisogna che la politica dei distinguo, dei machiavelli, degli sgambetti, delle retromarce e delle negazioni ascolti la sincerità dello sport. Bisogna avere il coraggio di aprire gli impianti, per i tifosi e prima ancora perchè sia scoperto quel bvacciuno che è lo sport: senza violare nessuna delle regole, ci mancherebbe, ma anche finalmente studiando ogni soluzione possibile, accettando che lo sport possa essere una copia di quegli 11 minuti che non scorderemo piu'. Perchè non ci possono essere solo divieti che, oltre tutto, valgonpo per qialcuno ma non valgono per tutti. Soprattutto, percbè lo sport sa "come passare alla fase costruttiva" ragionando in termini di noi e non di io che hanno bisogno di un opposto per stare in piedi, comportandosi come una squadra e come la più bella delle squadre che è una famiglia. Mi è piacito come Giovanni Malagò ha interpretato quegli undici minutidi sogni realizzati, chiedendo che lo ius soli sportivo diventi realtà, subito, senza altre discussioni inutili. Passiamo alla fase costruttiva: tocca allo sport dare la rotta.

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