Il contesto calcistico bolognese è così...particolare, così autoreferenziale, così abitualmente solcato da partiti e partitini (ricordo una frase in tv del compianto Stefano Biondi che disse una volta "la stampa bolognese è molto divisa al proprio interno" e ci aveva azzeccato, ma mica solo i giornalisti - lui e io in questa divisione ci stavamo bene -, pure tifosi e addetti ai lavori) che nemmeno nell'anno di un bel riscatto si riesce a gòdere, come direbbe l'autore. Del resto lui stesso si rende protagonista - ironia della sorte: nel tempio di Pantaleo Corvino, da idolo a reietto di corte in nemmeno un anno... - di uno show down inatteso e troppo fragoroso che ha come bersaglio fisico Claudio Beneforti e come obiettivo "morale" una figura del club, molto probabilmente l'amministratore delegato, colpevole di insufflare il giornalista (difficile, sinceramente, dati i rapporti tra i due) o magari solo alfiere di una linea dentro Casteldebole che non si sposa con l'asse Sartori-Motta. Se Fenucci voleva Ranieri, comunque, l'impresa più recente di Sir Claudio denota che proprio a digiuno di calcio il CEO non è. 

Pantaleo Corvino glielo aveva rimproverato, nel libro edito da Gianni Marchesini in cui il diesse salentino rilascia a me una intervista. Agli occhi dell'uomo di Vernole, Fenucci ha voluto da subito riassumere su di sè tutta la filiera "produttiva" del Bologna, e quindi la lamentela di Thiago non costituirebbe affatto una reazione a una novità comportamentale del manager romano. Il quale, accortamente, ha creato, con l'indispensabile complicità di Saputo - sennò uno potrebbe chiedersi come fa un manager a essere quasi più decisivo di un proprietario: e non è che a Saputo non siano arrivate lamentele, anzi... - un sistema per cui il "tram tram" petroniano continua placidamente nella stessa maniera da più di 8 anni, un'era geologica nel calcio italiano. Chi sostiene che Fenucci, per abilità manovriera, dovrebbe fare almeno il Sindaco, se non il "grand commis d'Etat", ha ragione. Pensiamo allo stadio: o è una barzelletta che non fa ridere, oppure, più verosimilmente, un lento trascinarsi di un "progetto" (trattandosi di mattoni, sì, in teoria lo è) da un ufficio all'altro, da uno strutturista all'altro, poi a Fi.Co, poi si ripassa dal via, poi entra il Governo, un attimo che ci pensiamo, e passano gli anni - e i soldi, sempre di Saputo - come fosse Antani. Fenucci è l'Italia, in fondo, con gli indiscutibili pregi di adattabilità e con gli inevitabili difetti di puntualità. L'imprevedibile (!?) rientro di Righi in radio - sulla radio ufficiale, "badate bene" - lo prende amabilmente a bersaglio, senza mai fare il nome, e sembra quasi una goliardia concordata, una specie di "voce del padrone" autorizzata: non escluderei del tutto l'ipotesi.  

Comunque, il lunedì dopo Lecce Thiago Motta in riunione le squaderna, e pure con nettezza, le sue idee. Decide di restare, anche se l'ombra del PSG resiste sempre. Sartori fornisce a tutti garanzie di ragionevolezza nel rapporto tra l'inevitabile far cassa (oddio, inevitabile, direi rivelatore di una storica tendenza di fondo) e il saggio non depauperamento della qualità della squadra. Poi, se le offerte vere per Dominguez e Orso arriveranno a fine mercato, facciamoci il segno della croce. 

Ma il quesito vero é: quale è la scadenza del rapporto di lavoro tra il CEO rossoblu e il club? E Saputo cosa pensa?

Il secondo punto è un mistero autentico. Pubblicamente, dal patron sono sempre arrivati attestati di stima, lui è "extremely satisfied". Privatamente, più di una fonte suggerisce che si sta pensando a un "casting". In Italia si vocifera di un manager di stato, ex giocatore, bolognesissimo. Sinceramente, se sapessi chi è e ne intuissi la plausibilità, non avrei problemi a scrivere il nome. Ma lo ignoro. Può essere che vi siano appuntamenti anche in Canada, francamente ho solo indizi vaghi.

Quanto alla scadenza, potrebbe trattarsi del prossimo 30 giugno. E magari una proposta, non fosse giunta da Saputo, arriverà dallo stesso Fenucci, che tiene a restare. Sul tema, potrebbe incidere non solo l'emergere della figura di Di Vaio, ma anche la presenza a Casteldebole del figlio di Joey Saputo, Luca.

E che la famiglia siculo-canadese intenda non deflettere dall'impegno preso, lo conferma anche un'idea sul possibile sponsor di maglia. Salutato Cazoo, che ha regolarmente oblato le sue quote, qualcuno, nell'entourage, preme affinché il logo sia, appunto, Saputo. A quel punto vorrebbe dire che sul mercato italiano ed europeo irrompono i latticini omonimi.

Se son mozzarelle, fioriranno. 

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