Serve che il calcio riparta, Spadafora e Rezza dovrebbero parlarsi. Basket e volley maltrattati!
Il Director’s Cut oggi focalizza la sua attenzione su calcio, basket e volley. Seve che Governo e ISS comunichino tra loroBisogna però che si parlino. Se Spadafora, il Ministro, scrive a CONI e Federazioni di tenersi pronti per inizio maggio, e tale Rezza, professione tifoso d'aa Maggica e a tempo perso Istituto Superiore della Sanità, dice che non se ne parla, beh, insomma, comprate un telex di seconda mano e usatelo anche solo per comunicare tra di voi (il secondo è pure consulente del Governo: ammazza che parterre de roi!). Tra l'altro, nel momento in cui tutti si dilettano nello sport che prevede il tiro ad alzo zero sul calcio, io vorrei provare a difenderlo. Il pallone ha talmente tanti difetti che è perfino superfluo sottolinearli: mette in fila una lista di banditi che lo popolano che neanche a Sing Sing, è l'emblema dell'italiano arrangione e truffatore, è arrogante verso il resto dell'attività ludica, i suoi personaggi (inclusi tifosi e giornalisti, certo, almeno in grande maggioranza) trattano il resto del mondo come un ricco brasiliano vede le favelas.
Però ha messo insieme una filiera economica che dà da mangiare a un sacco di famiglie, quindi ci andrei con calma a sperare che non riparta: il pragmatico Lippi lo ha detto chiaramente. Se non ricomincia lui, caro il mio lettore, non riparti nemmeno tu, che - talora - consideri il calcio un nemico ma - faccio un esempio - vivi in questo mondo, in cui debbono ricominciare i consumi e perciò consentire all'operaio che disegna le righe di un campo di portare a casa uno stipendio o anche solo un compenso. Poi, magari, a costoro piace il rugby "perché siamo tutti amici" (messaggio un filo naive sulla mia bacheca Facebook, pochi giorni fa). Dimenticando che lo sport in questione fa un uso dei diritti tv, in merito al Sei Nazioni, molto più "spregiudicato" del pallone rotondo. Tra l'altro non vince mai una partita da anni e non ci va neanche vicino (ricordo che l'importante, nello sport professionistico, non è partecipare).
Restano sacche di resistenza all'idea di ricominciare. Strumentali, tante, ma non - mi pare - quella di Cairo, che certo da un fermo indefinito non ricaverebbe vantaggi per la sua Gazzetta. Forse, a quel punto, andrebbe riesumata l'idea di Galliani di allineare i calendari nazionali ai Mondiali 2022 in Qatar, programmati in tardo autunno. Per cui a settembre si giocherebbero le 12 giornate e 1/2 residue, a Natale la pausa, gennaio per la preparazione e da febbraio la nuova "temporada" almeno per 2021 e 22. Un suggerimento pratico come il personaggio.
Il calcio comunque riavvierà i motori a cavallo del 2 giugno, si suppone, per terminare la stagione, rigorosamente a porte chiuse, verso la metà di luglio. Successivamente andrà a completarsi la Champions (e l'Europa League). Solo per comodità ricordo quali nazioni debbono interconnettersi per evitare di sfalsare i tornei così da incasinare un calendario non solo fittissimo ma veramente europeo: Italia, Francia, Germania, Inghilterra e Spagna in CL. In EL si aggiungono Austria, Scozia, Grecia, Svizzera, Ucraina, Danimarca e Turchia. Un totale 12 Leghe che debbono - sottolineo: debbono - marciare assieme. Ci potrà essere una settimana di differenza tra un campionato e l'altro, ma non un mese o tre, perché ciò renderebbe tutto impossibile. E vanificherebbe la "fiera dei sogni" che è il mercato per cui se tu sposti un Lautaro di là io ribatto con un Griezmann di qua, per dire.
E' anche una questione di soldi, anzi è fondamentalmente una questione di soldi, ma non solo. Il calcio è un fatto di tutti, è lo sport principale (l'unico, in termini di squadra) in cui il peso economico dei diritti tv è tanto rilevante. Ed è così perché, non soltanto in Italia, si tratta di un momento sociale, non esclusivamente mediatico o contabile: i milioni di abbonati alla pay tv esistono in quanto c'é il calcio (bisogna spiegarlo alla pur Divina Federica Pellegrini, le cui gare "visibili" in un anno sono due o tre, il calcio ne mette insieme quasi 50 a squadra, ecco perché comanda), il resto non conta o conta molto poco. Diritti tv che sono basilari anche per motori, golf, tennis, ciclismo, atletica, nuoto ma si tratta in tutti questi casi di discipline individuali, le quali, non a caso, premono per ripartire, a pena di circus agonistici depauperati nella quantità e nella qualità. E ripartiranno, prima o poi, anche con buoni risultati in termini di passione, la gente ne ha voglia.Detto che il pallone dovrà impegnarsi a salvare tutta la filiera "tecnica", perche B e C hanno costi alti ed entrate modestissime (una non ripartenza di queste leghe avrebbe sicuramente conseguenze serissime sul sistema sportivo italiano), volevo fissare l'attenzione sugli altri due sport di squadra rilevanti, ovvero basket e volley.
Mi piange il cuore nel vedere come sono ridotti i cesti nostrani e come vengono trattati, meglio maltrattati, gli sforzi dei mecenati Armani e Zanetti e il magico equilibrio da "public company", di proprietà dei tifosi, della Fortitudo. Su Zanetti aggiungo un particolare: gli hanno già chiesto di andare a giocare quel simulacro di Coppa Intercontinentale, con vincitrice già assegnata (e conseguente impossibilità ad andare avanti in Coppa Italia...). In segno di ringraziamento per questo viaggio sportivamente inutile ma tutto "politico", manco prendono in considerazione l'ipotesi di ascoltare il "grido di dolore" bianconero, ovvero non diamola a mucchio, dileggiato da un voto unanime dei club di Serie A che non vedevano l'ora di fermarsi, forse nemmeno consapevoli delle oggettive poche possibilità di ripartire (in compenso i più furbi, tipo Sardara - una via di mezzo tra Lotito e Cellino - esibivano una volontà di risarcimento nel consegnare alle V nere uno scudetto di cartone: se lo tenga, Presidente, c'é una bacheca già affollata, non ci sarebbe posto per questo oggetto in similpelle). Una delle problematiche dei cesti è che, dopo la presidenza "politica" di Malgara, inizio anni '90, il cambio dei dirigenti è stato vorticoso, impressionante nella sua manifestazione di labilità, una assenza di continuità che si è specchiata nei risultati del movimento. Non invidio Umberto Gandini, un concreto "ragiunatt" varesino esperto in trattative tv, catapultato ai vertici di Viale Aldo Moro quando il vulcano Corona Virus ha iniziato a eruttare. Più della pandemia, potè però la pluma, espressione petroniana che indica assenza di soldi (dei club) e poca capacità di cercarli. Fosse poi facile, adesso.
Il volley è diverso, tanto che ha un "reggitore", Massimo Righi, .sulla plancia di comando da 20 anni: se si contano anche i 5 passati alla femminile, è il dirigente sportivo italiano più longevo (a un certo livello). La sua bravura mediatica, commerciale, e la sua "non invadenza" tecnica si notano in ogni mossa ma non hanno prevenuto le dimissioni del presidente di Lega Mosna, un trentino brillante e dalle forti disponibilità economiche con la faccia da Birra Peroni e la battuta pronta: sentitosi sconfitto e soggiogato dalla Federazione che ha azzerato il campionato, ha preferito salutare la compagnia. Restano le sue valide idee promozionali, come la pallavolo d'estate nelle piazze di città che non la vedono (Foro Italico, Valle dei Templi, Piazza Maggiore i siti ipotizzati) o i teorici play-off all'Arena di Verona (ovviamente FIPAV ha detto no, te pareva...). Tanto valida, l'idea di concentrare logisticamente l'evento, che la Premier League pensa di farlo a Wembley e la Liga ACB iberica alle Canarie. Nel basket le prospettive, al momento, sono quelle indicate da Andrea Mingardi in "Benessum", verificate il testo in dialetto.
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