Pluma sportiva e poca passione: ecco le regole del nuovo Bologna
Una sconfitta preoccupante, l'assenza di Saputo, le prime critiche ed una contraerea che nega l'evidenza: è iniziata così la stagione del Bologna
- di Alberto Bortolotti -
Un dibattito sempre più surreale. Quello sul Bologna, intendo. Partiamo da un dato: sabato Inzaghi dice "si approfondisce la forbice tra grandi e piccole, per cui bisogna vincere gli scontri diretti". Infatti lo perdiamo. In casa. Giocando malissimo. Basterebbe già per relegare tutte le altre considerazioni in terza fila. E sperare che, intanto, il dovere si compia domenica contro il Frosinone. Ne guadagnerebbe il morale e la classifica. Francamente, se non si batte nemmeno la squadra ciociara c'è veramente da farsi il segno della croce. Anche perché, sempre sabato, Inzaghi ha riferito di essersi complimentato per qualità e intensità degli allenamenti. Sarebbe meglio aver sentito che l'hanno preparata male, ci sarebbe una motivazione per il pochissimo mostrato. Dopodiché sarà giusto, come è stato, non far mancare affetto e vicinanza alla squadra e al tecnico ma non si possono neanche celare i forti segnali negativi che giungono dal campo. Ed è veramente istruttivo vedere come si muove la contraerea. Di base le reazioni dei tifosi sono genuinamente speranzose ("aspettiamo, vediamo, non possiamo essere questi..."), ma sul resto meglio stendere veli pietosi. Arrivare a negare l'evidenza è un po' troppo. A proposito di ciò, riascoltando la conferenza stampa pregara, fa sorridere che Inzaghi accosti le caratteristiche di Nagy a quelle di Jorginho. Un tempo, quando si potevano fare le battute, si sarebbe detto "neanche quando vanno in bagno". Adesso fate conto che non l'abbia scritta, la suscettibilità è enorme. Un'altra cosa che il mister ha detto è che "Saputo è il presidente ideale perché non mette pressione". Anche qui, voleva essere un complimento ma non lo è stato. Nel regno della tagliatella nessuno mette pressione a nessuno, è tutto uguale, qualunque cosa capiti. E si vede. Comunque, il tentativo che si fa ora per giustificare, rinviare, rilanciare, ammorbidire e arrotondare, in una parola per assolvere l'inassolvibile, è trovare i difetti degli altri. Per cui tutte le squadre "medie" che ci stanno davanti e che verosimilmente continueranno a guardarci dall'alto sono frutto di fortuna, casualità, percorsi accidentati, irripetibili, non mutuabili. E' un ragionamento talmente capzioso e contorto che non merita una risposta, salvo un particolare.Che si chiama Gian Piero Gasperini, unico artefice - si legge - del miracolo orobico. Il quale, in epoca corviniana, si accosta al Bologna, poi Lopez tracolla, Delio Rossi chiede il biennale e addio fichi. Lo scorso anno manda ripetutamente segnali di scollamento dalla realtà atalantina. Ma la motivazione per cui non è a Casteldebole (a prescindere dalla sua bravura, dalla esclusività dei suoi meriti e, magari, anche dal lavoro del club nerazzurro) è puramente economica. Il signore prende un milione e trecentomila euro l'anno. Inzaghi è arrivato con la metà di quei soldi. Non è un ragionamento molto complicato. L'ultimo spunto che volevo proporre è sulla considerazione di cui gode, in giro, il Bologna. Tanti apprezzano il lavoro fatto sulle strutture ma è diffusa la consapevolezza del poco peso dato al campo da questa proprietà. La telefonata rubata a Lotito può dare fastidio ma esprime una verità. Difficile da digerire, ma non per questo meno centrata. Le impietose pagelle sul mercato distribuite un po' ovunque riflettono valutazioni "oggettive", scevre del chiacchiericcio e dei condizionamenti del territorio. Ci danno anche delle lezioni, severe ma giuste. "Non c'è un giocatore per cui valga la pena andare allo stadio". Quando c'era Baggio l'idolo della curva non era Dall'Igna, se non hai campioni te li inventi. Chi lo ha scritto ha fissato in due righe un principio assoluto: pluma sportiva e poca passione. Non era mica così, all'inizio del percorso saputiano. Un giorno qualcuno, forse, ci spiegherà cosa è cambiato.
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