Ci è voluta una confidenza dei dirigenti del Basilea, fatta a qualche giornalista bolognese, per scoprire che il “pedaggio” da pagare sull’operazione Calafiori al club elvetico era più salato del canone di Telepass, Unipol Move e MooneyGo messi assieme. Non ho memoria di un 50% di scommessa sul futuro, l’unica cosa che viene in mente è che il Basilea si è “sartorizzato” e gli allievi hanno fatto (quasi) meglio del maestro. Noi continuiamo a innalzare peana, anche su operazioni da 6, che non servono né alla città, né al club, né a lui. Boh, veramente, fatico a capire.

A chi obietta che 25 milioni sono in ogni caso un bell’andare rispondo che ha ragione, però vale anche il ragionamento opposto, e cioè che i soldi non vanno in campo. Qui tutti sono troppo giovani per ricordarsi, 1982, della cessione di Robby Mancini alla Sampdoria (operazione vidimata dal Presidente Mantovani e architettata dal diesse Paolo Borea, ferrarese), ma oltre a qualche atleta (Galdiolo, Logozzo, Brondi e Roselli) arrivarono nelle tasche di Tommy the Fabbrett, se ben ricordo, 4 miliardi (8 milioni di € attuali: per un debuttante in A, una cifra, allora, ragguardevole). Voilà, volatilizzati e doppia retrocessione.

Altri tempi? Sicuro, per fortuna, ma il valzer continuo dei giocatori porta buono, direi, con certezza solo a una categoria: gli agenti. Nemmeno ai calciatori, giacché se supervaluti un ragazzo che poi può incepparsi anche solo momentaneamente (per quanto al golden boy romano la sfiga abbia già fatto più volte l’occhiolino), poi ingaggio XXL e iper valutazione rischiano essere un inceppo, un inciampo, un incastro e un incollo. A terra.

Riccardo Calafiori e Nico Gonzalez
Riccardo Calafiori ai tempi del Basilea (ph. Image Sport)

Il “fortino” di Riccardo Calafiori e la sua non cessione alla Juventus

Qui non si tratta di sposare in ogni caso le tesi dei tifosi juventini e dei loro (disinteressati?) corifei. Da aprile in poi sul tema si sono raggiunti vertici di inusitata fantasia. La tesi di partenza era comunque sempre quella: questo club di parvenu – il Bologna, certo - non può resistere alle sirene della nobiltà sabauda. Vedrete che il “fortino” Calafiori inizialmente verserà olio di ricino sui “rapitori” poi crollerà consensualmente: l’approdo del “Maneskin player” alla Continassa è scritto come il bunet a fine pasto. In fondo, non è il primo e meglio valorizzato dal “nostro” tecnico, quel Thiago Motta avvolto nelle spire di Lucifero (si scherza, eh…) fin da gennaio?

Passa il tempo, tutto resta immobile e all’inizio sembra che quei burloni dei petroniani si sollazzino a prendere tempo: quelle trasmissioni interminabili della tarda serata in cui auto-nominatisi guru ti raccontano “la verità” sul mercato dei piedi non spostano il registro di un millimetro. Non servono né il tam tam dei racconti sull’ultimo tango tra Saputo e Motta, con un tavolo (fisicamente ?) ribaltato dal Presidente – giustamente – furioso per un colloquio/non colloquio, né la promozione di Riccardo a convocato e poi a titolare della maglia azzurra. Il gol di Zaccagni non sposta più di tanto. Tutto precipita solo quando, con il suo candore lodigiano, Sartori dice che “no, alla Juve non credo proprio che vada”. Una delle pochissime volte in cui si esprime un niet vero, puro e inequivocabile. I bizantinismi del calciomercato, in un secondo, giù per la tromba delle scale.

I social ribollono. “E’ un montato”, “sono dei montati”, “come si permettono”, “giocatore sopravvalutato”, “meglio…” e segue una fila di nomi più o meno plausibili, insomma la vecchia, vecchissima favola di Fedro. La volpe e l’uva.

Mats Hummels
Mats Hummels (ph. Depositphotos)

Le perplessità sull'arrivo di Hummels: non è un colpo alla Sartori

Ecco, se mi posso permettere, arrivo a una conclusione. L’arrivo sotto San Luca di Hummels, vaticinato nelle ultime ore, sarebbe una delusione. Una operazione non sartoriana: se la facesse, il Cobra Sartori, vorrebbe dire che si sta avviando alla pensione. Teniamo anche conto che l’anno scorso il mercato decollò a ridosso del campionato, dopo il “busso” di Thiago in Olanda. Credo che Italiano, molto più aziendalista di Motta (che sia sempre un pregio, no), abbia la pazienza di aspettare. In fondo a Firenze, dopo la partenza di Vlahovic, ha chiesto una prima punta …e dopo anni gli hanno comprato Belotti, un Hummels un po’ più stagionato. Quando sei aziendalista, di solito se ne approfittano. Avrei voluto usare un concetto un po’ più crudo, ma mi sono auto-censurato.

A Torino faranno a Thiago una squadra per competere in alto, potrei scommetterci (non è una battuta, visti i precedenti…). A Bologna stanno facendo a Italiano un gruppo “medio”, molto fungibile, adatto a combattere su più fronti. Entrambe le squadre faranno a meno di Calafiori, e sopravviveranno. Sul Tamigi il ragazzo salirà sul London Eye, ne sono certo. Talento purissimo, sarà un pilastro di una Nazionale che potrà solo fare meglio.Qui resteranno i sospiri delle tante semi-fidanzate che non sono riuscite a completare l’impresa.

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