Dalla Fortitudo al Bologna, vincere piace. Mihajlovic ora lo sa fare
Nel giorno del trionfo di Fortitudo e Bologna torna di moda la voglia di vincere. Ecco come ci sta riuscendo Mihajlovic alla seconda esperienza rossoblù
Forse è il giorno giusto per dirlo, ancorché questa considerazione creerà certamente nuovi amici. Il tifo del Bologna si è "fortitudinizzato", e cioè la lunga astinenza da obiettivi alti porta ad accontentarsi di obiettivi medio-bassi e a vedere come nemici coloro i quali ricordano i bei tempi andati e li considerano, in qualche misura, riproponibili.Certo, il '99 magico della UEFA e della final four bipartisan di Eurolega è irripetibile in quanto a forza economica. Non è irripetibile la "dignità" che discendeva da quegli squadroni e voglio provare a spiegarmi, proprio nel giorno in cui la mia Virtus esce bastonata da Sassari dopo una prestazione non dignitosa.
Il ragionamento è tanto vero che ieri PalaDozza e Dall'Ara erano pieni (il primo, d'accordo, lo è di default quando gioca la F): i biancoblu hanno ridato fiato a una tifoseria il cui zoccolo duro non li ha mai abbandonati (ma altrettanti si sono aggiunti con il passare del tempo) e i rossoblu hanno riacquisito fiato dopo l'avvento di Sinisa Mihajlovic.
Vincere piace, e se ti ci riabitui riacquisti pure il palato fino e finisci per non ricordarti degli anni in cui ti accontentavi del pareggino e della salvezza all'ultimo tuffo.
La seconda esperienza a Casteldebole del tecnico di Vukovar è nettamente diversa, in meglio, dalla prima. Intanto il sergente di ferro è rimasto tale nella brusca franchezza dei rapporti interpersonali, a quanto pare apprezzata da tutti (i risultati aiutano, certo), ma nel complesso si è molto addolcito. Se poi lo aiuta anche un po' di fondoschiena, meglio. In ogni caso il nomignolo MihajloviX che lo accompagnò dieci anni fa pare veramente sepolto. Questo vince, altroché.E poi voglio specificare il senso del "culo". In questa categoria non ci sono né i rigori né il VAR, per intenderci, quello è gioco. No, io mi riferisco all'infortunio di Santander che spalanca le porte al riassetto offensivo. Nei moduli "misti" in voga oggidì i rossoblu difendono a 4 ma attaccano a 7, facendo salire Djiks sulla linea di Orsolini. Questa è l'autentica novità del Bologna da diverso tempo a questa parte: pericolosità sulle corsie, più fisici a sinistra, più tecnici a destra.
In pratica non ci si è nemmeno accorti che manca il goleador, se è vero che da San Siro in avanti i bomber sono Pulgar e Destro. E i loro gol hanno e avranno un peso specifico enorme.
L'idea comunque è precisa: ossatura fatta dai 5 di difesa, sempre quelli: due mediani pescati tra tre: due esterni in ballottaggio tra tre; il Soriano che scherma il vertice basso; il falso nueve. Ciò ha prodotto 13 punti in 8 gare, 11 gol fatti e 9 subiti, una sola partita in cui non si è segnato, e cioè quella con la Juve.
Voglio chiudere con una considerazione generatami dall'intervista rilasciata alla Gazzetta da Nicola Sansone, il quale dice che all'attacco vige una sostanziale e creativa anarchia.
Se è così, e non è il caso di dubitare delle parole dell'attaccante, un merito in più del mister è recuperare un pezzo del calcio di una volta. Attendo sempre il momento in cui verranno ri-allungate le squadre con la punta di riferimento lasciata là, nel cuore della difesa avversaria. Perdi qualcosa dietro ma guadagni tanto davanti.
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