Benché la situazione per la Juventus sia tutt'altro che critica, il lavoro è solo iniziato per Thiago Motta. Il neo-tecnico della Juventus si trova alle prese con una squadra quasi del tutto nuova rispetto a quella del suo predecessore, Massimiliano Allegri, e se è vero che è stata trovata una solidità difensiva a dir poco eccellente, lo stesso non lo si può dire di un attacco ancora fin troppo acerbo per quelli che sono i primordi delle sue idee di gioco.

Inoltre, i tre pareggi consecutivi (tutti e tre per 0-0) contro Roma, Empoli e Napoli hanno sollevato numerosi interrogativi tattici per quello che è diktat tattico di Motta: c'è effettivamente qualcosa da sistemare là davanti?

Thiago Motta
Thiago Motta (ph. Image Sport)

Le difficoltà contro le difese chiuse

Uno dei punti deboli dell'attacco della Juventus è senza ombra di dubbio rappresentato dalle difficoltà nel riuscire a “sfondare” chi si difende col blocco basso, cercando di chiudere le linee di passaggio del palleggio tipico del gioco di Thiago Motta.

Questo pattern si era intravisto anche con il Bologna della passata stagione, eccellente nel trovare l'accesso storico alla Champions League dopo 60 anni ma che faticava spesso a trovare la via del gol o la vittoria in alcune trasferte ostiche contro squadre che facevano del catenaccio e contropiede il proprio punto di forza. Non deve dunque sorprendere che proprio in quelle partite il Bologna sia incappato in pareggi continui o addirittura in sconfitte evitabili (su tutte, quella di Cagliari).

Senz'altro il pessimo rendimento di Dusan Vlahovic non ha aiutato per la causa bianconera, ma in generale emerge la difficoltà da parte della squadra di Thiago Motta nel riuscire a trovare il giusto trasformismo tattico per essere meno prevedibile per le difese avversarie. In questo senso, gli inserimenti palla al piede di Andrea Cambiaso aiutano a spezzare la monotonia tra le linee, ma non può bastare se poi gli esterni d'attacco sono alla ricerca di un 1 vs. 1 insistito che risulta poco proficuo contro una squadra chiusa.

E se McKennie fosse la svolta?

Ciò che manca alla Juventus è principalmente una mezz'ala che si inserisce senza palla, che taglia in mezzo alle linee e che obbliga la difesa avversaria a rivedere tutte le proprie marcature preventive.

Un giocatore del genere nel Bologna dell'anno coincideva con Lewis Ferguson, un giocatore straordinariamente versatile anche per la sua capacità di reinventarsi come regista aggiuntivo a Beukema e Freuler. La Juventus non ha un giocatore di questa tipologia (Koopmeiners risponde a tutt'altre caratteristiche), ma ha un profilo che fa degli inserimenti il suo punto di forza: Weston McKennie.

L'americano ne è uscito rivitalizzato dalla passata stagione, esprimendosi ad ottimi livelli come esterno di centrocampo nella squadra di Allegri. Non può certamente ricoprire un ruolo alla Dan Ndoye (non ha il passo per farlo e c'è già Nico Gonzalez sulla fascia destra), ma usarlo a partita in corso con i suoi inserimenti può rappresentare una svolta significativa per sbloccare un attacco spesso costretto ad 1 vs. 1 inefficaci a causa della mancanza di spazi.

Con il suo ingresso dalla panchina, la Juventus potrebbe passare ad un 4-3-3, con Locatelli mediano pronto a spalleggiare Koopmeiners e McKennie come mezz'ali. L'olandese avrebbe compiti di rifinitura tra le linee, mentre l'americano avrebbe modo di sbizzarrirsi con i movimenti senza palla.

Ciò che è certo è che la Juventus è un cantiere aperto, con un allenatore formidabile che avrà modo di trovare la soluzione migliore per sistemare questa forma acuta di pareggite.

Weston McKennie
Mckennie Juventus
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