Almeyda e la partita truccata in Serie A: “Giocatori di quel club ci chiesero la combine, poi…”
L’ex calciatore argentino ha rilasciato le seguenti parole all’interno della sua autobiografia
Matias Almeyda è stato uno dei migliori centrocampisti della Serie A tra fine anni ‘90 e inizi 2000. Le prestazioni entusiasmanti in mezzo al campo, furono decisive per la Lazio e la conquista dello Scudetto 1999/2000. Memorabile la sua rete da fuori area al Tardini di Parma nel 1999. Probabilmente uno dei gol più belli realizzati in Serie A.
Calciatore abile tatticamente, fortissimo nei contrasti, intercettamento e interdizione, l’argentino sta proseguendo la sua carriera nel mondo del calcio nelle vesti di allenatore. Attualmente è alla guida dell’AEK Atene, dopo varie esperienze come quella nel suo paese natale, alla guida del River Plate.
Le rivelazioni dell’ex calciatore di Lazio, Parma e Inter
L’ex calciatore ha rivelato all’interno della sua autobiografia, un aneddoto relativo alla sua esperienza nel Parma. L’argentino ha parlato di un tentativo di combine da parte di alcuni calciatori della Roma, durante la stagione 2000-01. Tali parole da parte di Almeyda sono tutte da verificare, ma l’argentino sembra sicuro di ciò che dice, tanto da inserire tutto ciò all’interno di un libro così importante.
Il clamoroso aneddoto di Almeyda
Le parole dell’ex Parma e Lazio faranno certamente discutere sul web, soprattutto per quanto concerne i numerosi tifosi della Roma. Ecco le sue parole su questa presunta combine, alla quale Almeyda e il suo compagno di Nazionale e club, Nestor Sensini, non hanno voluto partecipare:
“Sul finire del campionato 2000-01, alcuni compagni del Parma ci hanno detto che i giocatori della Roma volevano che noi perdessimo la partita. Che siccome non giocavamo per nessun obiettivo, era uguale. Io ho detto di no. Sensini, lo stesso. La maggioranza ha risposto così. Ma in campo ho visto che alcuni non correvano come sempre. Allora ho chiesto la sostituzione e me ne sono andato in spogliatoio. Soldi? Non lo so. Loro lo definivano un favore...”