Dalle pagine di Calciomercato.com, Giancarlo Padovan commenta così il caso di Paulo Pogba, trovato positivo al testosterone:

"L'unica certezza che si ottiene, nelle ore immediatamente successive all'esplosione del caso-Pogba, è che la Juventus non lo difende, ma "si riserva di valutare i prossimi passaggi procedurali". Come se la questione avesse bisogno di tempo per essere approfondita, mentre, invece, come in quasi tutte le situazioni di doping, è molto chiara: le analisi hanno certificato la presenza di testosterone nelle urine del calciatore, le controanalisi confermeranno il primo esito e per Pogba scatterà una squalifica che varia dai due anni (se non sapeva) ai quattro (se sapeva).  Naturalmente c'è da stabilire se il farmaco assunto sia stato prescritto da un medico del club o, se, invece, si sia trattato di un'iniziativa personale. Ma il futuro di Pogba non è più in discussione (la sua carriera, già precaria, è terminata ieri), casomai diventa prioritario il nodo dell'ingaggio (e del suo risparmio). Per questo, a mio giudizio, il comunicato della Juve è tanto tiepido quanto pilatesco. Pogba squalificato per doping non sarebbe più un calciatore anche per la legge, come non lo è più per il campo da oltre due anni.  Tuttavia, in questa faccenda, i soldi contano tanto. Perché il calciatore ha un ingaggio di 8 milioni netti più due di bonus (totale 10, a bilancio 20) fino al 2026 e risparmiarli, in modo o nell'altro, non è solo indice di cinismo, ma di sopravvivenza. La rescissione, in caso di colpevolezza (e le responsabilità, in questi casi, sono personali), sarebbe inevitabile, anche se si volesse concedere a Pogba tutte le attenuanti del caso. Una cosa è certa: da Calciopoli alle plusvalenze, dall'affare stipendi al ciclone Pogba, la Juve è una società destinata ad una dannazione perpetua".


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