Adios Manu: il basket sarà più povero senza Ginobili
Manu Ginobili ha annunciato il ritiro dopo 23 anni di carriera. Dalla porta spalancata in Virtus alla conquista del mondo con Spurs ed Argentina
- di Marco Vigarani -
Quando l'11 ottobre 2000 nel corso della presentazione della nuova Virtus l'icona bianconera Sasha Danilovic annunciò il suo ritiro ad appena 30 anni nessuno si sarebbe mai potuto aspettare che alle sue spalle sedesse un ragazzo pronto non solo a raccoglierne l'eredità di leader e trascinatore ma poi anche spiccare il volo verso l'Olimpo degli dei del basket. Manu Ginobili allora aveva 23 anni e due stagioni da stellina nascente alle spalle con la canotta della Viola Reggio Calabria. Avrebbe dovuto essere uno dei giovani talenti a disposizione di coach Messina ma non certamente la stella capace di trascinare la Virtus alla conquista di uno straordinario Grande Slam: l'Italia e l'Europa si inchinarono subito al talento di questo funambolico argentino. Ricordare le statistiche sarebbe utile ma superfluo nel tentativo di raccontare la straordinaria capacità che ebbe il ragazzo di Bahia Blanca nell'individuare la scia di luce lasciata da Danilovic per inserirsi in quello spiraglio e trasformarsi in poche settimane da giovane di prospettiva ad assoluto trascinatore. Saper fare canestro è importante ma riconoscere una grande occasione ed essere in grado di sfruttarla è ancor più fondamentale.Diciotto anni dopo Ginobili ha annunciato che la sua corsa entusiasmante si è conclusa. Lo ha fatto con la semplicità di un uomo che non ha mai tradito se stesso e di un campione che dal primo all'ultimo giorno ha saputo regalare emozioni autentiche. Ha costruito una carriera uscendo dalla panchina con l'umiltà del ragazzino ed in ogni squadra ha saputo assumersi responsabilità fondamentali tanto sul parquet quanto nelle mura sacre dello spogliatoio. Sembra paradossale ma il suo gioco non è mai cambiato pur migliorando sempre. Dalle vittorie in Italia a quelle in NBA passando per il trionfo olimpico del 2004, Manu è sempre stato l'idolo dei suoi tifosi e l'incubo degli avversari ma anche un viso pulito capace di far innamorare tutti a prescindere da qualsiasi partigianeria. Lo testimoniano le centinaia di reazioni commosse e piene di gratitudine che arrivano da ogni parte del mondo, tutti consapevoli che la nuova stagione cestistica sarà orfana di un atleta meraviglioso nato in Sudamerica, diventato uomo in Europa e poi assurto a divinità del basket negli Stati Uniti. Una parabola perfetta e completa che ha vissuto certamente uno snodo fondamentale in quella sera di ottobre del 2000 davanti all'attonito pubblico virtussino. Adios Manu, gracias por todo.
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