Chirico tuona: "Agnelli non può essere messo alla pari di un delinquente comune, ne essere trattato come un mafioso stragista"
Marcello Chirico prende le difese dell'ex Presidente della Juventus, Andrea Agnelli
Marcello Chirico nel suo editoriale per Calciomercato.com, ha fatto il punto della situazione per quanto riguarda la squalifica di Andrea Agnelli sul caso plusvalenze della Juventus. Ecco le sue parole:
“Tre anni e 4 mesi d’inibizione. Che significa fuori dal mondo del pallone. Nemmeno giocatori accusati di essersi venduti delle partite. Paolo Rossi, tanto per fare un esempio, per il calcio scommesse degli anni 80 di anni di squalifica se ne prese 2 (e nel parallelo processo penale venne pure assolto). Agnelli di sicuro non è esente da colpe, e la prima che gli va imputata e l’aver creduto di poter fare qualsiasi tipo di operazione finanziaria in nome del “così fan tutti.
Ritenendo che, con quel cognome lì, ogni artificio gli fosse concesso, e che mai e poi mai Consob, Covisoc, men che meno la Federazione, si sarebbero permessi di contestargliele. Vedi la montagna di plusvalenze, per le quali non esiste nemmeno una normativa federale che le regoli. È stato spericolato oltre ogni limite ed ha pagato dazio.
Immemore di quanto già accaduto al proprio club nel 2006, quando tutti telefonavano ai designatori e taluni facevano richieste ben peggiori di quelle di Moggi, eppure chi pagò più di tutti fu proprio la Juventus essendo, per “sentimento popolare”, considerata da sempre la Regina del Male, come tale quella che deve pagare. Sempre. A quanto pare, la lezione ad Agnelli non è servita e ci è ricascato: ci ha rimesso di nuovo il club, sta pagando dazio lui in prima persona.
Premesso tutto ciò, Agnelli non può essere messo alla pari di un delinquente comune. Ha peccato di arroganza e superominismo, ha sfidato il potere, però adesso non deve essere trattato come un mafioso stragista. Ha sbagliato, ma non ha ucciso nessuno, tanto meno rovinato il calcio. Voleva cambiarlo e non c’è riuscito, perché i signori del pallone il cambiamento non lo vogliono, in quanto significherebbe per loro perdita di potere. Un potere assoluto e totale che nemmeno uno che si chiama Agnelli è riuscito a scalfire, tanto per renderci conto di quanto sia radicato.
Ci sta tentando con meno irruenza ma tanta pervicacia, e più tattica, pure Giraudo: vedremo se lui ci riuscirà. O se sarà la Corte Europea a modificare i rapporti di forza, anche se difficilmente burocrate mangia burocrate. Una cosa però è certa: il Palazzo, che sia quello di Nyon o di via Allegri, va abbattuto. Come accadde per la Prima Repubblica, ne serve una Seconda pure per il pallone. Agnelli lo aveva capito, per questo è stato sbranato” .
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