Il Torino ha perso contro la Lazio che ha giocato con più motivazioni, stimoli e grinta dei granata. Manovra troppo lenta per gli uomini di Mazzarri, giro palla difensivo infinito e Belotti ancora una volta troppo solo.

-di Alberto Gervasi-

Ha vinto la squadra che ci ha creduto di più. Il Torino è stato poco più uno sparring-partner perché la Lazio, che doveva assolutamente vincere per restare attaccata alla Roma e allungare sull’Inter, è stata troppo di più. Fra il rigore sbagliato da Luis Alberto, il gol di Milinkovic-Savic e qualche altra occasione, la squadra di Mazzarri ha tirato due volte in porta nei primissimi minuti e poi è stata al gioco degli avversari. Che hanno interpretato alla perfezione il 3-5-1-1 di Simone Inzaghi, che in fase propositiva si è trasformato in un più spregiudicato 3-1-4-2 dove Lucas Leiva agiva da regista, le mezzeali Murgia e Milinkovic si allineavano con gli esterni Lulic e Marusic, e Alberto affiancava Immobile. La Lazio è stata anche più forte della sfortuna e degli infortuni, e per questo la vittoria assume, se possibile, una dimensione ancora più grande. Con il guaio muscolare di Immobile (ex fischiatissimo), la squadra ha un po’ snaturato il suo modo di giocare, dato che il subentrato Caicedo ha dato meno imprevedibilità e corsa in avanti. Con un altro cambio obbligato per l’infortunio a Radu, e l’impossibilità di sperperare la terza sostituzione troppo presto, è salito in cattedra Milinkovic, che ha agito sia da riferimento offensivo che da “porto sicuro” quando c’era da appoggiare e mettere in banca il pallone. In mezzo il funambolismo di Luis Alberto, la grinta di Murgia e la sicurezza di Luiz Felipe nel reparto arretrato. Nel Torino, invece, si sono registrati sempre gli stessi problemi: Edera ha iniziato col piglio giusto ma, quando la difesa laziale ha compreso bene il copione, non è stato difficile disinnescarlo. Ljajic, nella posizione di esterno puro nel 3-4-3 di Mazzarri, ha cercato di cucire il gioco ma non è stato poi così lucido nelle scelte.La squadra ha pagato l’inferiorità numerica a centrocampo il gap fisico importante, con Baselli e Rincon che non sono quasi mai riusciti a contenere i dirimpettai. Demeriti del Torino, ma anche meriti di una Lazio che, non appena i granata cercavano di oscurare il regista Leiva, spostavano il pallino del gioco su Luis Alberto o Milinkovic-Savic. Manovra compassata, con l’interminabile giro palla fra i tre difensori per cercare di avanzare e per sopperire alla mancanza di spazi. Con l’assenza di Immobile, e un attaccante più prevedibile come Caicedo, forse dopo lo svantaggio si poteva optare per il ritorno al 4-3-3 data l’abbondanza di esterni in panchina. Iago Falque è entrato bene, più ordinato rispetto alle ultime uscite e altrettanto lucido nelle giocare. Niang, invece, è parso spaesato anche quando Mazzarri lo ha riportato nella sua fascia di competenza, in cui ha creato zero pericoli zero alla porta biancoceleste. Non scandalizzi se il migliore in campo per la squadra di casa è stato Sirigu. Le ultime tre partite, contro Napoli, Spal e Geona, serviranno per sciogliere i dubbi dell’allenatore su chi confermare e chi rimandare all’estate, ascoltando le offerte o monitorando le situazioni che si verranno a creare nel corso del calciomercato. Lo stesso Genoa, distante 6 punti in classifica, non potrà preoccupare una squadra che chiuderà i battenti presumibilmente al decimo posto: troppo lontano, e non per qualità della rosa, da chi lotta ancora per l’Europa. Bello a tratti, soprattutto con la cura Mazzarri, ma troppo acerbo per misurarsi alla pari e sapere osare. L’impressione è che la scritta “lavori in corso” resti appesa ancora per un po’.
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