Partiamo dal fondo: faccio mie le parole di Leo Turrini, con il quale ho passato un venerdì sera imolese a parlare di Chris Amon (pilota generoso ma che non vinse mai una gara in carriera) e dintorni: “La Mercedes ha sbagliato il progetto della vettura, e non può caricare sopra la macchina molti cavalli”. Spiegazione logica di una situazione che ha messo una tonnellata di pepe sul Mondiale di Formula 1 2022, figlio di un 2021 già di per sé spettacolare ed equilibrato. Il tracollo della casa tedesca in questo inizio di stagione certificato a Imola, nel GP del Made in Italy e dell'Emilia-Romagna, su una pista su cui Lewis Hamilton fino al 2020 non aveva mai potuto correre, consacra ulteriore spazio ai concorrenti: dopo quattro gare si può dire che la faccenda titolo sarà cosa di Red Bull e Ferrari. 

Il pubblico ferrarista in trepidazione alla Rivazza (foto Stefano Ravaglia)

Con due ritiri in tre gare, un pubblico appassionato nonostante la pioggia (e una tonnellata di fango) e la Rivazza feudo ferrarista anche sotto le intemperie, Verstappen aveva di che temere. E invece ha tirato fuori qualcosa in più: sprint race, pole e vittoria, raccogliendo 34 punti totali nel week-end contro i 15 del monegasco. Leclerc ha tenuto fede alla sua indole: dopo una partenza sbagliata, la sua corsa è stata tutta in affanno, situazione che però può contribuire a tirar fuori il meglio del cocco di Maranello. 

E infatti, con Max che faceva gara a sé, Leclerc si è dovuto arrabattare per stare attaccato al trenino Red Bull, fin quando, dopo la giostra dei pit-stop che ha dato spazio alle gomme rosse, si è lanciato all'inseguimento di Perez puntando il secondo posto. La variante alta, intitolata a Gresini, lo ha tradito: l'irruenza di salire sul cordolo in entrata, così come accaduto a Monaco lo scorso anno e in Arabia Saudita quest'anno, ha portato il diffusore contro il rialzo del cordolo stesso. Col risultato di finire fuori pista e col musetto danneggiato. Le ultime tre unghiate su Magnussen, Vettel e Tsunoda hanno certificato la sua tempra e messo una pezza al danno, facendolo chiudere al sesto posto. 

Ma diciamoci la verità, questo “fallimento” imolese potrebbe essere una virtù: non nascondiamoci sul fatto che a Maranello, perlomeno per quanto riguarda la parte del tifo e della comunicazione, non certo da parte di Binotto e dei suoi, si volava un bel po' alto dopo due vittorie in tre gare. Una ventina di tappe al termine sono tantissime, e per quanto le performance della rossa siano certificate, se alziamo gli occhi vediamo una montagna molto alta da scalare da qui ad Abu Dhabi, ultima stazione il prossimo 20 novembre. 

E gli altri? Sainz, una furia in sprint race, con 6 posizioni recuperate nei 21 giri previsti, ha visto la sua gara spegnersi dopo pochi metri. Detto della differenza di prestazione tra Russell ed Hamilton, c'è un Bottas che se la ride con la sua Alfa Romeo: il ritorno ai vertici della casa di Arese, unito alle prestazioni della Haas, le due squadre che chiudevano il gruppo lo scorso anno, ha per forza alzato il livello della contesa. E a Imola è resuscitata pure la McLaren: ci chiedevamo dove fosse finito il Norris che ci aveva meravigliato l'anno passato. Insomma, il pubblico ferrarista sciama dall'Autodromo intitolato a Enzo e Dino Ferrari dolendosi il mento dopo il gancio ricevuto: tra due settimane a Miami, pista novità del circus di quest'anno, capiremo se il dolore sarà stato del tutto assorbito.

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