Quando il genio non può fare a meno della sregolatezza: Antonio Cassano, il talento di Bari Vecchia dalle mille maglie e contraddizioni Nel calcio ci sono cose che si possono bramare, conquistare, vincere o perdere. Ogni tassello, nella carriera di un calciatore, ha il suo valore. Eppure nulla può essere paragonabile a un paio di scarpette appese definitivamente al chiodo. Se ti chiami Antonio Cassano, poi, e capisci che è veramente arrivato il momento di dire addio alla tua primo amore, diventa tutto più complicato. Non è un caso, infatti, che il talento di Bari Vecchia abbia provato a riporre nel passato le parole “calcio giocato” per ben due volte, nella propria vita: la prima un anno fa, quando il tentativo di tornare in campo con la maglia del Verona si rivelò troppo presto una scelta azzardata; la seconda, quella risolutiva, risale a soli tre giorni fa. Il 13 ottobre 2018, infatti, Antonio Cassano ha annunciato ufficialmente il proprio ritiro con una lettera dopo soli cinque giorni di allenamento, da svincolato, con la maglia della Virtus Entella. In un primo momento, la scelta del classe ’82 è parsa un déjà vu, una pagina già letta di una storia calcistica tanto bella quanto altalenante. Sono bastate poche ore, tuttavia, per capire che stavolta ‘Fantantonio’ faceva sul serio e non prendeva più in giro nessuno. D’ora in avanti, niente più odore dell’erbetta dei campi di gioco, nessun gioco di prestigio con la palla tra i piedi, nessun assist ai compagni, nessun portiere avversario da spiazzare. “In questi giorni di allenamento ho capito che non ho più la testa per allenarmi con continuità, per giocare a pallone servono passione e talento ma soprattutto ci vuole determinazione e io in questo momento ho altre priorità”: parole decise quelle che il fantasista ha partorito nella propria lettera, parole di chi, probabilmente, ha compreso che la costanza, nel calcio, è su un gradino parallelo a quello delle doti innate di un piede che, seppur magico, ha bisogno di essere allenato. In tanti, dal 1999 al 2018, guardando la storia calcistica di Antonio Cassano, si sono chiesti quando veramente l’attaccante avrebbe raggiunto la piena maturazione mentale prima ancora che quella tecnico-tattica. La risposta, molto probabilmente, combacia con una data, quella dell’addio dello stesso fantasista al calcio giocato. Già, perché la carriera di ‘Peter Pan’ (soprannome di Cassano ai tempi del Bari) è stata un vero e proprio accavallarsi di genio e sregolatezza. Nel 2001, per esempio, Cassano abbandonò il ritiro della Nazionale U-21 dopo il match contro la Romania visto praticamente dalla panchina; nel 2003, durante la finale di Coppa Italia disputata dalla sua Roma contro il Milan, insultò ripetutamente l’arbitro Rosetti prima di rivolergli il gesto delle corna; tre anni dopo, al Real Madrid, venne inquadrato dalle telecamere durante un'imitazione ironica del suo allenatore Fabio Capello e nel 2008, nel corso di Samp-Torino, si rese protagonista di un’espulsione con tanto di minacce e maglietta lanciata all’arbitro Pierpaoli. La brusca litigata con Riccardo Garrone della stagione seguente sarebbe stata, invece, il preludio alla successiva sanzione dell’UEFA del 2012 per frasi discriminatorie nei confronti degli omosessuali e ai litigi con Stramaccioni e Antonio Romei (braccio destro di Massimo Ferrero) rispettivamente ai tempi dell’Inter e del ritorno in blucerchiato. L’ultima ‘Cassanata’ risale, invece, al 2017, quando il ritiro col Verona venne bruscamente interrotto dal Pibe di Bari Vecchia prima del ripensamento arrivato a distanza di poche ore e dell’ulteriore definitiva interruzione del rapporto lavorativo coi gialloblu avvenuta dieci giorni dopo. Un vero e proprio turbinio di eccessi, insomma, quello con cui Antonio Cassano ha macchiato la propria era da professionista. Un turbinio che, ciò nonostante, non può oscurare il puro talento che quel ragazzo estroverso e spesso esuberante ha mostrato a tutti gli appassionati di calcio d’Italia e dell’intero pianeta. Trovare un piede e una visione di gioco come quelli di ‘Fantantonio’ è quasi impossibile al giorno d'oggi. Le abilità nel leggere prima lo svolgimento di un’azione, nel servire al bacio i compagni e nel piazzare la palla alle spalle dei portieri rivali con colpi da biliardo fanno di Cassano uno degli attaccanti italiani più forti di sempre, un genio assoluto con la sfera tra i piedi cresciuto in strada e scappato dalla medesima strada grazie al calcio. Un estro che forse è riuscito a maturare completamente nel momento più triste della propria carriera, quello dell’addio allo sport tanto onorato per ben diciassette lunghissime stagioni quanto impossibile da praticare, a 36 anni,  senza la testa e l’allenamento giusti. Il genio, ormai maturato, ha appeso la sregolatezza al chiodo e, con lei, anche gli scarpini. Perchè in fin dei conti, quello stesso genio, se non avesse lasciato il calcio senza un'ultima, grande contraddizione, non risponderebbe al nome di Antonio Cassano.
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