Nicola Berti è sempre stato un calciatore senza peli sulla lingua e proprio l'ex giocatore dell'Inter dello scudetto dei record (1988-89), è stato protagonista nell'ultima puntata di “Inter TV - Careers”, dove attraverso le immagini, ha ripercorso i momenti principali trascorsi in maglia nerazzurra. Di seguito ecco le sue parole:

SCUDETTO E ANEDDOTO MARADONA: "Arrivai all'Inter come un Gian Burrasca, senza paura forse anche per timidezza. I primi mesi forse non fui accettato, poi mi hanno visto in campo che era il mio modo di fare, mi serviva per caricarmi. Quell'anno, arrivò il celebre Scudetto dei record: “Feci un gol al Napoli che fu deviato da Luca Fusi, poi dopo il gol di Lothar Matthaus corsi in giro a fare il gesto dell'ombrello a tutti, c'era un'adrenalina pazzesca. Gli ultimi dieci minuti andai a marcare Diego Armando Maradona e lo insultavo anche, mi sputava e io non mi pulivo”. 

DERBY VS MILAN: “Un match che ho sempre sentito. Venivo sempre insultato perché in mezzo a quel Milan stellare io ero l'unico che dava fastidio. Tre gol glieli feci anche se uno non me lo diedero, poi mi piaceva perché venivo sempre insultato dai milanisti. Quando li sentivo mentre cantavano contro di me durante le partite di Coppa alzavo il volume e dicevo ai miei amici: 'Sentite, pensano a me...'. Questa sfida mi ha sempre eccitato, meglio sconfitti che milanisti l'ho creata io dopo un 3-0 subito in Coppa Italia. Ora sono simpatico ai milanisti, ma una volta era pericoloso uscire per Milano, si incontravano personaggi che quando li vedevo dovevo cambiare strada. Milano la vivevo da dio, facevo un po' di casino ma ci stava, avevo 20 anni”.

INTER: “Abbiamo fatto 4-5 anni dominanti, ci manca lo Scudetto del 1991. Il mio rammarico era la Coppa Campioni, con quella squadra oggi l'avremmo disputata ogni anno. Poi ci sono stati cambiamenti e anni molto bui, ma io non pensai mai ad andare via...il compagno più forte con cui ho giocato? Ronaldo, anche se solo per sei mesi. In allenamento restavo con lui e facevo il portiere quando lui provava le punizioni. Poi Matthaus, Zenga, Aldone Serena... Poi ho un grandissimo ricordo di Paul Ince, gli ho concesso l'otto perché ci teneva anche se lui mi diceva di tenerlo”.

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